giovedì 12 aprile 2012

Finalmente

... il turbinio delle feste e post pasquale si è calmato! 

Dopo l'annuncio dell'impiegata del caf, circa la data prevista del mio pensionamento, ho camminato un paio di giorni in una bolla di incredulità e di stupore! 

Venerdì sono atterrata : i preparativi per la Pasqua mi hanno svegliato. La zia anziana da visitare la Vigilia, il pranzo Pasquale che mio figlio esige, perché non festeggiare per lui è un sacrilegio: le feste vanno celebrate a ricordo di altre feste più numerose  per cercare di perpetuare quell'allegria che ci manca tanto, Pasquetta fuori porta da un'altra zia perchè martedì era il suo compleanno!  

Ho cucinato un casino di roba, ho mangiato fino al limite lecito, limitata nelle quantità dalla recente ricerca di contenere i quantitativi (più per la salute, che per il dimagrimento!).
Sabato con i miei figli dal ritorno della visita a zia abbiamo inserito una tappa al Palmanova Outlet Village, con una toccata al negozio Lin_t! Che visione !!!! Abbiamo riso, scherzato, ci siamo divertiti a stare semplicemente in compagnia!

E' stato comunque un tour de force, la tensione per preparare cibi buoni, sotto il giudizio severo dei miei buongustai insaziabili, la stanchezza per i kilometri in macchina e tutto il resto è sfociato in qualche disturbo, non ultimo il " morso della strega" che mi blocca ancora.

Sempre più questa mia vulnerabilità mi mette a disagio : possibile, che ogni piccolo sforzo fuori dal normale mi atterri così? che l'ansia per le aspettative dei miei, mi imprigioni e sfoghi in un disturbo noioso, comunque da curare? 

Finite le incombenze settimanali mi sono chiesta, cosa questo voglia dire ? FERMATI! Riposa, riprenditi! 




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giovedì 5 aprile 2012

Raccolgo ..

le opinioni della gente e constato come questa soffra. Tutte le impiegate negli uffici mi dicono che stanno  raccogliendo inermi testimonianze disperate! A questi disgraziati al governo non frega un bel niente se il loro posto fisso e la loro pensione d'oro noi li paghiamo col sangue e lacrime, mentre giocano ai dadi il nostro destino come i soldati sotto la croce si giocarono le vesti di Gesù. Neanche ciò che accade  nel Paese  sembra far parte del "loro" mondo. Ultimamente qualcuno sceglie di fermare tutto ed uscire dalla vita, che non può più sostenere, con un gesto estremo.

Questo è tempo di Pasqua, di pace, eppure vedo che pace non c'è!

Hai voglia a parlar di speranza, mentre la gente piange attorno. Vorrei capire quante volte nella vita i popoli hanno vissuto momenti così pesanti, perchè dopo ci son stati anni migliori.  Vorrei poter dare coraggio, ma ho il fiato corto pure io!

Il mio vecchio capo citava sempre il biblico monito dei "7 anni di vacche grasse e  7 anni di vacche magre" : la ciclicità fa parte del nostro vissuto, anche se ultimamente sembra aver saltato il turno!

Dobbiamo avere coraggio, andare avanti come si può, cercando di avere Fede in noi stessi, nel nostro domani, per chi crede, aver Fede in Qualcuno che a volte sembra non esserci o non sentirci, ma forse dovremmo capire se siamo noi che Lo cerchiamo per non trovarlo, o che cosa e come chiediamo. Le cose non sono semplici, ma come dice Marina Garaventa: la vita va combattuta ! Coraggio quindi! Never give up! Mai cedere!

Non so se riuscirò a girare per i vostri blog a portarvi i miei auguri, vi penso tutti, vi tengo care amiche e cari amici nel cuore e vi auguro una Pasqua serena e... VEGETARIANA!!!

Buona Pasqua  anche da parte di Mucia!!

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martedì 3 aprile 2012

Non è che ...



io sia talmente vecchia da proporre SOLO canzoni italiane di una certa epoca. E' che l'italiano mi era più congeniale e mi apparteneva: le parole mi si fissavano nel cervello e nel cuore con quella dolce e struggente melodia old style italiana, che mi legava a momenti di felicità o meglio di serenità.

Di sera ci si riuniva davanti alla televisione e dopo cena di guardava assieme la tele. I sabati erano speciali, avevamo la possibilità di restare dopo Carosello, tanto la mattina dopo ci si alzava tardi e così scorsero davanti ai nostri occhi tantissime Canzonissime, programmi di varietà, commedie teatrali.

Uno dei nostri appuntamenti preferiti era il programma SENZA RETE :  si stava tutti davanti al televisore, Mamma sferruzzando un magliore, Papà con l'enigmistica, io con lo smalto mi dipingevo le unghie (proibito a scuola, ma permesso nel week-end!), mio fratello con un giornalino in mano dava un'occhio al programma e continuava a leggere l' Intrepido o il Monello, o Tex Willer. 

 
In queste normali serate, con il sottofondo musicale,  si criticavano i cantanti, "questo mi piace", "questo esagera e non ce la fa", "questo canta bene, ma si concia male". Ricordo la serata dei "debuttanti" Marcella Bella, Antonello Venditti, Mia Martini, Claudio Baglioni, Riccardo Cocciante, quest'ultimo a mio Padre non piacque "urla troppo", ma espresse il suo gradimento per Antonello Venditti!  Anche se vestiva come il "profeta di Bagnacavallo"!



Con la Mamma si giudicavano i vestiti delle signore: c'era una serata con Milva e la Vanoni, fu una sfida all'ultimo "modello"! Mamma, da brava sarta,  prendeva nota e spunto mentalmente per riproporre lo stile che le piaceva di più ad una sua cliente per un nuovo abito.

Ore di serenità mai più goduta e per questo forse il mio cuore resta tra queste canzoni.
Correvano gli anni 1972 e 1973, ben presto le cose precipitarono, mia madre si ammalò gravemente e nel 1974 rimanemmo soli . 

Ottenni una libertà che non avevo desiderato,  costringendomi ad andare a vivere da sola a 22 anni a mantenermi da sola, a gestire la mia vita con l'incoscienza e l'entusiasmo della giovinezza, dato che i legami con la mia famiglia d'origine erano molto combattuti : dopo la morte di mia madre la famiglia si disgregò ed il dolore di tutti lacerò la nostra unità e ci allontanò per molti anni. Fu un rapporto difficile da ricostruire, ce ne volle.

Eppure si doveva andare avanti: penso a quel periodo perché in qualche modo assomiglia tanto a questo. Sentirsi senza radici, ma allora c'era la gioventù, avevo un futuro davanti, pieno di sogni, con tanta voglia di ricostruire una mia famiglia, di sentirmi di nuovo compresa, di trovare un mio compagno, ....l'Amore !!! sentirmi amata, protetta! Anche se alla fine ci sono sempre dubbi, perché ognuno ama a modo suo e spesso tutti cercano la protezione nell'altro senza ricevere ciò a cui veramente anela!  

Dal 1974 ci sono stati anni di transizione, dove tra il lavoro ed il divertimento stordivo la mia solitudine in compagnia di due amiche per la pelle. Si camminava con in tasca il mondo e l'ebbrezza di una libertà d'assaporare, cercando di superare lo stordimento che a volte dava: sono state soprattutto anni folli, dove si andava a lavorare, anche  facendo straordinari, oppure di primavera e d'estate si correva al solarium nella pausa pranzo ad abbronzarsi con il Sole naturale! la sera si correva a casa a fare una doccia, vestirsi e dopo una pizza ed un gelato, in attesa dell'ora "giusta", si andava in discoteca a ballare fino alla chiusura!!! Fu un periodo caotico, scialacquai i miei stipendi in modo allegro, ma non avevo nessuno a cui render conto! 
Ma la nostra colonna sonora fu lei a cantarla e quando ci truccavamo prima di uscire erano le sue canzoni che cantavamo a squarciagola






In quel periodo la musica americana ed inglese che imperversava era la compagna delle serate in discoteca e poi c'era lui ai primi posti in classica delle Hit Parade, presentate da Lelio Luttazzi!



Poi nel 1979 trovai Paolo ... ma questa è tutta un'altra storia ...

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domenica 1 aprile 2012

Punch

Era una rivista Inglese molto famosa, da questa un giornale italiano pubblicò questa barzelletta, che mi piacque talmente che dagli anni '70 la conservo ancora!


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Venezia Giulia

Ho trovato in un periodo la seguente cartina geografica, che vi può dare un'idea dell'estensione della Venezia Giulia. 

Il territorio di Gorizia ocra e Trieste in marron sono le provincie in Territorio Italiano. Il territorio in bianco è la parte del retroterra Goriziano e Triestino  italiano prima della II Guerra Mondiale, ceduto alla Jugoslavia con il trattato di Pace del 1947. La parte in rosa sono terre che dovevano essere restituite all'Italia, ma che con presa di posizione di Tito sono  state definitivamente cedute nel 1975 e lì dentro c'era anche la casa dei miei genitori e le terre dei miei avi. 

In questa regione si trovano bellissimi gioielli di città e paesi di storia antica. Qui il territorio era dominato dagli Illiri e dagli Histri, all'epoca dei castellieri,  sulle cui vestigia i Romani costruirono Castrum e ville che poi svilupparono in paesi. In seguito il territorio prima sotto la dominazione della Repubblica marinara di Venezia, che vi trovò nuovo terreno di espansione anche commerciale essendo un punto di raccordo con l'oriente, l'Istria   fu assorbita dall'Austria come Margraviato d'Istria, poi con la I Guerra Mondiale divenne definitivamente Italiana, fino alla II Guerra Mondiale.

Qui potete trovare 
* Umago, antico castrum romano, ha come simbolo le torri sormontate dal Leone di San Marco che la dominò dal 1797,
* Pirano , la patria di Giuseppe Tartini colonia di rifugiati aquileiesi scampati agli Unni
* Capodistria , patria di Nazario Sauro, Pier Antonio Quarantotti Gambini, Bruno Maier, don Edoardo Marzari, Gian Rinaldo Carli, il vescovo Pier Paolo Vergerio, e tantissimi altri!
* Dignano, castrum romano, borgo medioevale con le caratteristiche calli strette e la più grande Chiesa d'Istria il Duomo, che custodisce una collezione di mummie, chiamata dal popolo "i corpi santi" tra cui le spoglie miracolosamente conservate di San Sebastiano, Santa Barbara ed il corpo di Santa Nicolosa, morta a Venezia nel 1512 e considerata la mummia meglio conservata d'Europa,
* Pola, dalla storia tormentata, una delle poche città Istriane con un antico anfiteatro romano, patria di Laura Antonelli, Giovanni Arpino, Gianni Brezza , Sergio Endrigo, Gino Piva, Rossana Rossanda, Alida Valli e tanti altri,
* Fiume patria di Giovanni Palatucci , funzionario di polizia "giusto tra le nazioni", il linguista Giovanni Frau, il politico Leo Valiani, gli atleti Abdon Pamich (marciatore), Ezio Loik,Antonio Vojak, Rodolfo Volk, i fratelli Mario Varglien e Giovanni Varglien, Marcello Mihalic e Giovanni Udovicich(calciatori), Giovanni Cucelli e Orlando Sirola (tennisti), la regista Luciana d'Asnasch Veschi, la scrittrice Marisa Madieri, il poeta Valentino Zeichen, il giurista Danilo Zolo, il narratore Diego Zandel, lo scrittore e politico Sergio Travaglia.
* Buie, dove sono nati Silvio Vardabasso, geologo e membro dell'Accademia nazionale dei Lincei, Carlo D'Ambrosi, geologo e farmacista, Giuliano Piccoli, geologo, Cesare Augusto Seghizzi, musicista, compositore e direttore di coro, Giuseppe Tessarolo, musicista, Ernesto Vidal, calciatore, medaglia d'oro con l'Uruguai nel 1950
* Verteneglio, costruito su un antico castelliere preistorico, citato per la prima volta nel 1234, con l'antico nome Ortoneglo o Hortus Niger, ovvero orto di terra nera; nel territorio vi sono vari antichi castellieri (costruzioni più grandi dei nuraghi sardi ma della stessa epoca), Verteneglio con 
* Grisignana sono le due città che hanno la maggior percentuale di italiani, fieri della loro cultura ed origine!
* Rovigno, che ha visto i natali di Silvano Abba, pentatleta e militare, Femi Benussi, attrice, Pino Budicin combattente partigiano, Renato Dionisi, compositore, Antonio Gandusio, attore e capocomico, Giovanni Quarantotti patriota e storico della letteratura, Antonio Santin, arcivescovo di Trieste, Pietro Santin, ex allenatore e giocatore di calcio, Ligio Zanini, poeta.

Ecco perché ancora piangiamo la nostra Patria Perduta!



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lunedì 19 marzo 2012

San Giuseppe

Mio nonno, classe 1909  si chiamava Giuseppe, ma tutti lo chiamavano col diminutivo di Bepi.  Nel 1918 perse la madre e la sorella di Spagnola, il padre si risposò con la cognata, anch'ella rimasta vedova con una figlia e così formarono un'unica famiglia ed ebbero altri due figli maschi.

Nato in campagna, Nonno Bepi crebbe come contadino, ma le sue aspirazioni erano d'imparare un mestiere, infatti si mise al servizio di suo nonno, fabbro ferraio, che una volta, almeno in campagna, era un mestiere apprezzato: i fabbri ferrai si occupavano della costruzione dei carri ed in particolare curavano tutte le parti in ferro dei carri di legno. Ma si sà che con l'avvento della meccanizzazione i carri incominciarono a costruirli di ferro, le ruote di gomma non ebbero più bisogno del fabbro ed il mestiere andò in disuso.

Quando era piccolo, dato che l'altro suo nonno era Maestro e dirigeva la Banda del paese ed in casa si faceva musica, a Nonno Bepi fu imposto d'imparare a suonare uno strumento. Non so come la scelta cadde sul clarinetto. La cosa gli servì da giovanotto : suonare la domenica e durante le feste di paese divenne una fonte di guadagno per le piccole spese.

Ma la cosa gli fu utile anche da militare (a Milano), per la sua costituzione robusta nel 1929 lo presero tra i Bersaglieri e visto che sapeva suonare bene lo misero nella fanfara. Dovete sapere che allora i Bersaglieri erano un corpo scelto, che si allenavano con acrobazie. Anche per andare al rancio mettevano i soldati alla prova. C'erano delle corde con cui si accedeva al piano superiore della mensa:  chi era svelto e forte di braccia e ce la faceva, saliva per primo e riusciva a prendersi dal calderone di pasta con la salsa un piatto condito, mentre chi arrivava dopo quando aprivano le porte trovava solo pasta scondita. Nonno fece un patto con un compaesano: lui si arrampicava con la fune per prendere la pasta con la salsa per il suo amico, mentre per se prendeva quella scondita che restava in fondo, perché nonno Bepi non amava il pomodoro. In cambio il compaesano gli allungava qualche sigaretta.

Tornato da militare si sposò ebbe mia madre ed un figlio maschio che purtroppo  morì a due anni.  

Dopo la liberazione del territorio Istriano da parte degli alleati,  Tito ed i suoi soldati fecero molti soprusi: entravano nelle case requisivano ciò che gradiva loro, agli allevatori che volevano vendere qualche capo di bestiame  liquidavano un terzo del valore ed il resto dei soldi lo tenevano per loro e lo stesso accadeva con i raccolti: i contadini non potevano tenere tutto per sé o venderlo indipendentemente. Di questi soprusi  mio nonno fu sazio ben presto e si trasferì  a Trieste con la nonna. Lui lavorava come operaio nelle cave di pietra di Sistiana, la nonna come aiuto cuoca in un buffet.  Nonno riuscì a far  sposare mamma facendosi pestare il mignolo con una mazza da un suo amico. Per incassare i soldi dell'assicurazione continuò per giorni a mettersi l'acido cloridrico sulla ferita perché suppurasse. Così mamma ebbe il corredo, il pranzo di nozze e concorse per il viaggio (i miei andarono a Roma).

In seguito i nonni si stabilirono con i fratelli  del nonno nel Pordenonese dove fu affidato loro casa e terreno con mutuo agevolato, fino a che la casa non fu pronta i nonni lavorarono a Trieste solo nel 1957 si stabilirono in campagna. Da allora furono sempre prodighi d'aiuto per mamma.

Io devo a Nonno Bepi la mia istruzione. Un vicino di casa aveva due figlie una rimase a casa: non le piaceva studiare, ma l'altra invece aveva continuato e frequentato ragioneria tra l'anno 1960 e 1965. Suo padre ne parlava con orgoglio e la ragazza trovò lavoro presso la Zanussi!   Nonno Bepi fu incantato dalla capacità e volontà della ragazza e decise che anch'io avrei dovuto studiare! Mentre mio padre lavorava come operaio la mamma cercava di arrotondare il bilancio con lavori da sarta, la vita in quegli anni era molto dura con due figli da far studiare,  quando fu il momento mamma disse a nonno che preferiva imparassi un mestiere per guadagnare subito.  Nonno invece si impose e disse : "La manterrò io agli studi! Ma lei deve studiare prendere il diploma di ragioniera e trovarsi un lavoro che le dia l'indipendenza, non voglio che sia succube di un marito!"

Negli anni '60 fu preso da un forte eczema, che lo piagava in tutto il corpo, lo ricordo che per il dolore camminava disperato nei campi a volte piangendo sconsolato per non aver prospettive di guarigione e maledicendo il destino:  solo con il cortisone alla fine degli anni '60 si riprese.

Quando passavo le vacanze estive in campagna, seguivo il Nonno come un'ombra. Egli mi insegnò a guidare il trattore nelle stradine di campagna quando avevo 11 anni, mentre nonna correva urlando "'ste atenti" (state attenti) per l'aia agitando la mano  come a dire (aspetta che vi prendo voi due)!
A 13 anni mi diede la falciatrice e sorrideva alle piroette che facevo fare alla macchina!  Mi faceva collaborare come fossi un ragazzo e spesso quando c'era la pioggia ci sedevamo sotto il portico al riparo a guardare l'acqua che scendeva ed il movimento delle nuvole : a volte scuoteva la testa quando cadeva la grandine e diceva "povere le mie fadighe! (fatiche)".

Curava tutta la campagna come fosse un giardino, teneva pulita la stalla e strigliava le mucche ed i tori con cura e dedizione, in modo che fossero puliti ed asciutti. 

Si addolciva con sua figlia e con noi nipoti. Niente di svenevole: la sua carezza era ruvida, tra il serio ed il faceto, ma sempre piena di tenerezza. Quando gli parlavamo ci ascoltava, ci faceva ragionare con grande umiltà e calma ci spiega il perché e la ragione di fare le cose come diceva lui, perché imparassimo dove stavamo sbagliando, ma senza mai mettersi in cattedra, non riusciva ad arrabbiarsi con noi, anche se quando combinavamo qualche marachella tentava la voce grossa, aveva sempre mezzo sorriso sulle labbra che sfociava in una risata a scoprire qualche malefatta, anche perché io e mio fratello eravamo molto seri come bambini. A prescindere dalla volta in cui volli tentare di cavalcare un vitello,  emula di Tex Willer, ed ebbi la fortuna di esser disarcionata e scaraventata nella mangiatoia, anziché tra le sue zampe!

Mentre in famiglia ero sempre l'ultima ruota del carro, le maggiori attenzioni erano per mio fratello, in quanto maschio, anche per la sua infanzia tormentata di bambino asmatico, io con il nonno ero considerata e valutata alla stessa stregua di mio fratello. Tutto quel che riuscivo a fare con successo era da lui valutato e giudicato senza remore o discriminazioni.

Penso che non gli devo solo la mia istruzione, ma quel fare indomito e la determinazione da Bersagliere che mio nonno mise sempre in tutta la sua vita, perché si sà :  "Bersagliere a 18 anni, Bersagliere tutta la vita" .

 

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venerdì 17 febbraio 2012

Nati non foste a viver come bruti!

Ho sempre pensato che l'organizzazione permetta di vivere meglio, sono della Vergine, per cui l'ordine ha un senso ben preciso per me, anche se non lo so rispettare! Perché i segni sono sempre doppi : rigido o contrario! Ci sono le Vergini maniacali ma ci sono le Vergini come me, che amano l'ordine ma non vanno in smanie per mantenerlo: ordinate con fantasia! ;D

Die Ordung ist das beste Zierde, recitava la mia prof. di Tedesco: l'ordine è la migliore delle virtù. 

Il mio ordine dura un paio di giorni, poi mi distraggo e divento "creativa", perché mi manca la costanza, sono insofferente alle regole rigide. Mi manca la costanza di applicarmi poco al giorno, ma sempre: concentro invece tutto il lavoro in un giorno e marinando negli altri dietro ad altri pensieri ed incombenze, faticando il doppio e crogiolandomi dentro un senso d'inadeguatezza.

Eppure l'organizzazione aiuta! L'ho imparata dal mio capo: entrava in ufficio si sedeva alla scrivania e metteva in bocca l'immancabile sigaretta infilata in uno dei suoi bocchini, che i denti masticavano, facendola roteare tra i suoi baffoni pepe-sale alla Gengis Khan, gli occhi grigi a fessura dietro gli occhiali per schermarsi dalle volute di fumo, ma anche perché concentrato su quanto pensava, le mani grandi eleganti con un bell'anello stile liberty con il sigillo delle iniziali scrivevano in una calligrafia grande, ordinata e sicura, una lista di cose da fare che venivano depennate dopo essere state svolte. Spesso  dava urgenza ad alcune e quindi le numerava per rispettarne l'ordine d'importanza. Anche nella dettatura per illustrare o sollecitare una decisione al cliente, il capo dettava : "due punti, a capo, trattino", parole che son rimaste nel nostro lessico d'ufficio e che noi, ex colleghe, recitiamo sempre in coro, sbottando  poi in una chiassosa risata!

Eppure il sistema di lavorare che il capo ci ha insegnato è stato per noi, le sue "putele" (ragazze, e tali resteremo anche in avanzata età!),   la nostra strada maestra, talmente intrisa in noi, che ogni cosa nella nostra vita privata viene svolta con metodo ed inesorabilità, come da sua imposizione e volere.

Nel massimo della mia "creatività", mi fermo, mi siedo, stilo l'elenco e poi riparto.  E' stato un modo per incanalare le mie forze nei momenti di maggior problemi, dolore e stanchezza, per questo faccio i pizzini con le liste, ed a volte mi agito se spesso li ignoro e non riesco a rispettarli o ricordarli tutti. Poi riparto da zero ed incanalo le mie attività appar pizzino, fino a che le cose non emergono da sole spontaneamente, senza l'aiuto del sostegno cartaceo, fino alla prossima rottura del filo-conduttore ed   crisi successiva.

E' una questione di metodo. Ma la nostra vita ha una marcia in più se le nostre idee sono chiare, meglio ancora se sono organizzate: quindi nulla quanto stilare una bella lista ci fa prendere coscienza di cosa sia urgente o meno! Allora ho deciso seguo il metodo di organizzarmi la vita! Togliendo!

Un altro concetto per salvarsi la vita è il TOGLIERE! Si avete proprio letto giusto!
Come Mauro Corona (lo scrittore di Erto, vi ricordate la diga del Vajont?) scrive : mentre nella nostra vita quotidiana sulla scia della cultura moderna tendiamo ad ammassare,  la scultura ed il passato ci insegna che per dare vita, bisogna togliere, alleggerire la forma del pezzo che state scolpendo!"   Questa frase sottolinea l'argomento di cui ho parlato alcuni post fa: eliminare per far entrare cose nuove nella nostra vita, cioè "space clearing".  Senza spazio non si ha aria, senza spazio non circola energia, senza organizzazione i progetti restano tali e si perdono, congelati nella memoria.

Quindi pensateci bene, bisogna usare una buona strategia:

1) RACCOGLIERE TUTTE LE IDEE, personalemente da quando ho smesso di lavorare ho il terrore di dimenticare tutto! Mi riempio le tasche di pizzini  di carta scritti in qualsiasi posto dove un'idea mi passi per la mente, per raccogliere tutto, che sia stupido od importante non ha rilevanza, essenziale è che tutto venga raccolto e poi sistemo i pizzini in una pinza da ufficio, fino a che non riporto le annotazioni sulla lista di pertinenza
2) ELABORARE : con un buon caffé e la penna in mano controllo i pizzini e li sistemo in obiettivi immediati, settimanali e mensili, vi appongo infine un asterisco a quelli che reputo più importanti e ci faccio vicino qualche nota particolare se mi viene un'idea risolutiva che mi piace. Di solito le liste stesse possono essere quelle basilari : lavoro, casa, io, famiglia,  fare e comprare, ma anche.
3) PIANIFICARE,  nel mio scadenziario scrivo gli appuntamenti inderogabili della giornata, perché temo di dimenticarli, spesso cambio tabella di marcia anche all'ultimo minuto, 
oltre alla piccola lista di cose da fare, così  depenno quanto evaso, riportando sul giorno successivo quanto non son riuscita a fare,
4) AGIRE : se mi guardo indietro considero che di cose ne riesco a fare anche tante, e posso essere solo che soddisfatta, ma  l'insuccesso o meglio il senso d'inadeguatezza è una questione mentale  dovuta al fatto di mancare nell' agire, per TROPPA ASPETTATIVA.


Una volta al giorno resettare i propri obiettivi della giornata, una volta la settimana analizzare quanto fatto e preparare la lista per quella successiva, una volta al mese, verificare quanto fatto per l'obiettivo mensile, considerare quanto si poteva fare meglio o meno, riaggiustando il tiro per il mese successivo, ma tenendo conto dell'obiettivo annuale. 

Quindi il segreto dicono sia "UN COMPITO ALLA VOLTA" senza divagare, senza distrazione, perché pensare sempre al MULTITASKING come noi donne siamo abituate, nei progetti spesso è deleterio! Da uno a tre obiettivi al giorno, da uno a tre obiettivi la settimana, da uno a tre obiettivi al mese, un obiettivo grande l'anno!

Un compito alla volta da iniziare e finire, perché iniziare tanti progetti e lasciarli in sospeso, fa sentire falliti: portarne in porto uno alla volta, induce un entusiasmo ed una forza migliori! Quindi!

Ad majora!





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lunedì 26 dicembre 2011

Natale di tanti anni fa!

Per lasciarmi alle spalle i pensieri e le preoccupazioni del presente, mi tuffo nel passato e vi racconto come trascorrevo i miei giorni di Natale nell'infanzia!
Già vi ho detto dei preparativi della Vigilia per i dolci di Natale.
Ma alla mattina del 25 dicembre, venivamo (io e mio fratello) svegliati alle 9.30 perchè ci aspettava la cugina, vicina di casa, per andare alla messa delle 10.30 in paese ad un kilometro e mezzo distante. Non si faceva colazione, perchè dovevamo esser digiuni per fare la comunione. Quindi ci si incamminava per la strada sterrata ed attraverso i campi si accorciava il percorso. Nel cammino si parlava, si faceva a gara a chi fa la nuvoletta  più grande di vapore acqueo, chi scivola meglio nelle pozzanghere ghiacciate (a volte anche rompendo il velo e bagnandosi le scarpe!).
La Messa raccoglieva tanti bambini della nostra età con i loro genitori. Si assisteva non senza sorridere dei poveri chierichetti che reggevano un pesante ombrello a piccolo baldacchino, tenendolo sopra la testa del curato, seguendolo, correndogli dietro durante la messa, mentre lui puntualmente li redarguiva in corso d'opera per la loro maldestra applicazione, dopo tante istruzioni e tante raccomandazioni.
All'uscita si tornava a casa veloci, che la fame incalzava. Un po' di caffélatte che il pranzo era per l'una.

La tavolata era enorme. A capotavola mio bisnonno ed il figlio maggiore, mio nonno!
Ai lati seguivano gli altri due figli, fratellastri del nonno, le loro mogli, la bisnonna (madre degli zii: sposa di secondo letto), mia nonna, la mamma, papà, io e mio fratello. S'iniziava con un brodino, poi arrivava un sontuoso pasticcio di lasagne al forno. Di seguito il bollito con crauti e salsicce, il gallo arrosto al forno con patate, che mangiavo volentieri, perchè il maledetto mi saltava sempre addosso ogni volta che gli passavo vicino, anzi a volte mi correva pure dietro! C'erano contorni vari con verdura fresca, verdura cotta, pane fresco di forno fatto in casa. Si finiva con il dolce tagliando un panettone portato da Trieste, ma spesso si portavano in tavola le fritole istriane (quelle di cioccolata) e la pinza. Questa veniva pucciata in mezzo bicchier di vino, meglio se nero, a cui avevamo aggiunto uno o due cucchiai di zucchero: era buonissimo ed ogni volta noi bambini ci ubriacavamo. La mamma protestava che era troppo vino, le nonne la redarguivano "Tasi (taci), per una volta!  che fa sangue!" Il vino era ottimo e tutti bevevano generosamente. L'ambiente non era solo scaldato dalla grande cucina a legna, ma la festa si faceva chiassosa per tutto il cibo ed il vino. Solo mio nonno quando beveva un po' di più stava zitto, ascoltando ed intervenendo raramente, ma con battute dirette e divertenti. Metteva le braccia conserte e si sedeva ben appoggiato allo schienale della sedia. Anche se allegri gli uomini non erano mai sguaiati,  ridevano di gusto e, specie gli zii, raccontavano aneddoti della loro infanzia, o lo zio della prigionia sotto gl'inglesi.  Il bisnonno con l'autorità della vecchiaia e da patriarca, interveniva sottolineando con maggiori ragguagli qualche ricordo e notizie dimenticate dai figli, per rafforzare l'incisività della storia, magari aggiungendo che ora ne ridevano, ma la situazione allora era stata molto seria. Il bisnonno teneva al decoro e redarguiva i figli, senza sminuirli, se vedeva che stavano esagerando. Poi c'erano i commenti, specie quelli di mia madre, che apostrofava gli zii quando pareva esagerassero, con loro  era cresciuta da piccola e li trattava da pari, perchè li considerava dei veri fratelli, era l'unica persona che si poteva permettere d'interromperli, le sue stesse osservazioni, se fatte dalle mogli trovavano risposta più secca nel "ti tasi, che parlo mi!"  

La mia famiglia era molto unita c'era enorme rispetto dei due zii, fratellastri minori, per mio nonno, che consideravano in tutto il loro capofamiglia, in quanto, il padre, mio bisnonno   dopo l'esodo era caduto in una fortissima depressione ed aveva perso la figura di comando, anche se continuava ad essere rispettato  come autorità, tutti e tre si rivolgevano a lui dandogli del "Vu" (Voi). Nessun screzio o mala parola veniva nelle riunioni mensili dove   facevano la situazione contabile dei poderi e dei proventi dal bestiame. Solo quando le mogli protestarono in quanto c'era sempre quella più "malata" che adduceva un motivo più che un altro per lavorar di meno, i fratelli decisero di lavorare non più in solido, ma ognuno il suo podere: lo fecero di comune accordo, seppure riluttanti, ma erano consci di voler evitare il disaccordo e le recriminazioni e considerarono la divisione il male minore. Si aiutarono sempre in caso di difficoltà o per la vendemmia, che per me era un'altra grande festa.  C'era sempre la solidarietà: quando qualcuno stava male, tutti affluivano nella sua casa, le donne sistemavano il disordine se c'era per renderla presentabile al "dottore", che veniva fatto accomodare con reverente educazione. Gli uomini lo accompagnavano. Venivano preparati  una bacinella, il sapone nuovo scartato per l'occasione dalla confezione, l'asciugamano di lino fresco di bucato pronto per asciugargli le mani. Il caffé pronto sul fornello per farlo salire, il bicchiere sulla tavola vicino alla bottiglia di vino pregiato od un liquore, intanto che sale il caffé...
L'armonia, il rispetto regnarono sempre tra i tre fratelli e per noi nipoti sono stati un esempio enorme di virtù e civiltà.

Sempre durante le feste, tra mangiate e risate ed il dolce pucciato nel vino, ad un certo punto non ce la facevo proprio ed andavo a letto, perchè i pranzi si dilungavano parecchio, tra una portata e l'altra e si arrivava sempre nel tardo pomeriggio quasi sera, quando gli zii e le zie ci lasciavano per tornare a casa.  Io distrutta e riluttante in quanto faceva buio e ne avevo paura, dovevo andare in camera da letto: sul cuscino la testa girava per quel mezzo bicchier di vino puro bevuto e non voleva saper di fermarsi proprio, cercavo di rimanere immobile più tempo possibile!  Cedevo al sonno con il confortante sottofondo delle voci e delle risate che venivano dalla grande cucina sottostante e che smorzavano la mia solitudine nella grande stanza umida e fredda, facendomi accucciare con la borsa d'acqua calda a riscaldare le lenzuola e creare nuovo calore.

Di dodici persone di quella bella tavola, siamo rimaste in due e solo i miei due figli si sono aggiunti. Abbiamo mangiato anche quest'anno, ricordato, sorriso, qualche lacrima c'è stata, ma la vita è una ruota che porta avanti, non si può tornare indietro. Ci si può solo scaldare il cuore al ricordo, perchè ognuno di loro ha lasciato in me una preziosa eredità che mai andra spesa o perduta! 

Auguri a tutti!

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