Colgo lo spunto dal commento al mio precedente post di Soffio " belle immagini, ma si può anche agire con grande semplicità e spartana preparazione", di fronte al mio racconto della preparazione alla serata con le amiche a casa mia.
Se da una parte considero le amiche persone intime, con le quali ho condiviso tanta parte della mia vita, in quanto ex-colleghe : una la conosco dal 1975, un'altra dal 1988, ecc. la conseguenza logica dovrebbe essere la disinvoltura nell'accoglierle in casa mia.
Si da una parte è vero, dall'altra, non avendo mai avuto un'abitudine al ricevere più persone, in quanto mio marito in casa sua era un vero orso e non amava accogliere, ma l'incontro con gli amici era sempre esterno, ne ho ricavato un'enorme insicurezza: penso di non esserne capace.
Eppure ricordo sempre l'accoglienza del mio compare a tirar fuori dal frigo carciofini selvatici sott'olio e formaggio grana con una fetta di pane e capocollo al peperoncino e di come le serate scivolavano via con fiumi di parole: come intende Soffio la convivialità. Basta poco tra amici, che ce vò?!
Ma, nella mente femminile, caro Soffio, tu ben sai che ogni situazione semplice viene resa complicata proprio come ho detto prima, da aspettative, voglia di apparire, voglia di render cosa gradita, stupire, perché TUTTO è corollario all'incontro. Noi donne siamo capaci di truccarci perfettamente e studiare come vestirci per ogni occasione, mettendoci un impegno sia che ci troviamo ad una cena tra amiche, che se dobbiamo andare alla prima della Scala: perché questo è il nostro modo di essere, complicate!
Alla fine della cena guardando ai resti ho pensato: ho preparato troppe cose! La prossima volta devo calibrare meglio le porzioni e le portate. Certo nulla viene sprecato perché si consuma in seguito, ma il tempo perso nei preparativi poteva essere ridimensionato, usato per altro.
Ecco, penso che questa sia la chiave di lettura di tutti i nostri sbagli, le nostre ansie, i nostri timori, messi in evidenza da Soffio con il suo commento: ho considerato quanto l'aspettativa, la disistima e l'insicurezza in me stessa abbia inciso e stia incidendo non solo in un semplice ricevere le amiche per una serata in allegria, quanto per TUTTO quello che faccio nella vita.
Perché ogni cosa anche la più semplice deve essere vagliata e considerata a 360°, perché nella mente si fanno largo centomila domande sul come potrebbe andare, mentre confusione ed ansia rendono insicuri e mettono a repentaglio la riuscita di un semplice incontro o di una semplice commissione.
La domanda che dovrei pormi in realtà è molto semplice : CHE COSA VOGLIO IO IN QUESTO FRANGENTE ? Considerare poi le soluzioni, scartare quelle insensate e procedere con calma verso l'obiettivo dovrebbe essere sufficientemente produttivo ed efficace.
Perché rincorrendo assurdamente il criterio di perfezione (che non è di questo mondo) si accendono illusioni e si perde di vista il vero SIGNIFICATO delle occasioni e della vita : IL DIVERTIMENTO!
Chi fa con amore il proprio lavoro, si diverte! Chi accudisce con amore la propria famiglia, si diverte! Chi riceve gli amici con semplicità, si diverte! Anche nello sforzo e nella fatica ci si può divertire, perché il fine ultimo di questi è rivolto alla riuscita di un'impresa, della felicità dei nostri cari, dell'allegria dei nostri ospiti!
In fin dei conti la chiave di lettura di questa perfezione è la semplicità: una dimensione che spesso dimentichiamo, soprattutto noi, della società del benessere, degli optional di lusso! Dimentichiamo che si può essere felice senza orpelli se guardiamo bene in fondo a noi stessi!!
Perché se attendessimo che tutto sia "perfetto" le cose non accadrebbero mai: quante cose vengono rimandate e di conseguenza quante occasioni perdute? Eppure è la nostra società che impone una falsa "perfezione" che ci condiziona costringendoci a sopravvivere, fino a perdere di vista il vero scopo, il fine ultimo : semplicemente VIVERE!
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