11 settembre
Settembre per tutti rappresenta
uno spartiacque. L’Estate sta finendo, tutti i progetti bloccati devono
riprendere e riprendono tutte le attività commerciali, scolastiche, civili,
teatrali, per una nuova stagione, preludio alle feste di Dicembre. Si aggiusta
il tiro per portare i progetti alla conclusione in modo da poterne iniziare
altri dopo Natale.
Il 30 agosto di 60 anni mia madre
incinta
di nove mesi migrò sola a Trieste, in quanto la famiglia proseguì il
viaggio nel Pordenonese, dove erano riusciti ad affittare un po’ di stanze ed una
cantina, per evitare il campo profughi.
Aspettando il parto mia madre
stava da una parente che viveva in casa della suocera con cui la nuora era in
continuo attrito, ma non c’erano altri parenti che la volevano prima del parto…
Mamma mi confessò, quando ero ormai
maggiorenne, che quei giorni furono tremendi per lei. Avevano abbandonato
tutto, perso casa, perso il lavoro, perso la terra, abbandonato parenti,
trasportando le poche cose che erano riusciti a portare in Italia su dei carri.
Ma erano liberi, perché si erano liberati del terrore dei soldati di Tito,
dalle loro irruzioni nel mulino e nel frantoio della nostra famiglia dove
prendevano quel che potevano arraffare e rompevano ciò che non potevano portare
via. La gravidanza, gli ormoni, la fame
aumentavano la depressione e solo la sua anima cattolica ed il pensiero di
lasciare mio fratello di 3 anni ed il giovane marito la fermarono dal suicidio.
Lei aveva 23 anni e papà 25.
Meno male venni al mondo prima.
Alle prime ore dell’11 settembre, una domenica. Mio padre avvertito della mia
nascita riuscì a raggiungerci solo il giorno dopo lunedì 12 settembre e solo in
questo giorno lui mi faceva gli auguri. [Quando mia madre l’11 mi preparava la
torta e faceva gli auguri, Papà la guardava e diceva sempre la stessa frase ...
“ma non è nata il 12??” Perché per lui era il giorno in cui mi aveva vista per
la prima volta.]
Quando mia
madre fu in grado di viaggiare raggiungemmo la famiglia nel Pordenonese e si
stava in affitto in stanze. Gli uomini andavano a giornata a lavorare dove
potevano, ma l'autunno e l'inverno non trovarono granché perché la zona è agricola e si sa d'inverno si fermano i lavori: dovettero centellinare i pochi soldi che avevano, per poter pagare l'affitto. Si mangiava in una cantina, dove le donne cucinavano ed il gas era
razionato per cucinare solo il cibo, non per scaldare l’acqua e mia madre fu
costretta a lavarmi con l’acqua di fonte che scendeva dai monti, gelida in uno
degli inverni più gelidi del secolo scorso. Mi raccontava che bagnava le
pezzuole nell’acqua ghiacciata e le scaldava appoggiandole sulla faccia prima
di lavarmi nel cambio dei pannolini.
Quando vedo i profughi Siriani
penso a questo! A quanto anche noi –sia pure in numero molto inferiore- siamo
stati malvisti, osteggiati, rifiutati. Ma l’Istria è ben piccola rispetto alla
Siria. Il loro è un dramma enorme.
Tanti rimasero pochissimo tempo nel campo profughi, preferirono abbandonare Trieste dove il lavoro (per il grande afflusso) stava scarseggiando ed andarono a cercar fortuna nelle Americhe ed in Australia. Anche noi dovevamo migrare. Ma i nonni ci convinsero a restare. Mamma era figlia unica e loro, dopo aver perso tutto casa e lavoro, sarebbero morti di crepacuore a “perdere” anche la loro amata figlia, perché allora c’era solo il trasporto navi e non esisteva skype. Ma anche il fatto di andare allo sbaraglio oltre oceano con una bimba di pochi mesi fu un deterrente, dato che mia madre non voleva che papà ci precedesse da solo, perché erano già tante le vedove bianche a Trieste, con mariti migrati e doppia famiglia.
Tanti rimasero pochissimo tempo nel campo profughi, preferirono abbandonare Trieste dove il lavoro (per il grande afflusso) stava scarseggiando ed andarono a cercar fortuna nelle Americhe ed in Australia. Anche noi dovevamo migrare. Ma i nonni ci convinsero a restare. Mamma era figlia unica e loro, dopo aver perso tutto casa e lavoro, sarebbero morti di crepacuore a “perdere” anche la loro amata figlia, perché allora c’era solo il trasporto navi e non esisteva skype. Ma anche il fatto di andare allo sbaraglio oltre oceano con una bimba di pochi mesi fu un deterrente, dato che mia madre non voleva che papà ci precedesse da solo, perché erano già tante le vedove bianche a Trieste, con mariti migrati e doppia famiglia.
Di quegli anni resta solo questa fotografia, che doveva corredare la domanda di espatrio verso il Canada.
Ed è proprio in onore ai miei genitori ai loro e nostri tanti sacrifici che quest'anno ho festeggiato alla grande il mio 60° compleanno con amici e parenti! Un bel traguardo!
11 Commenti:
Ciao Renata! E' terribile quello che hanno passato i tuoi genitori e soprattutto non è giusto, ma è ciò che continua a succedere in tante parti del mondo…adesso è la volta della Siria..Sembra che l'umanità non sappia far tesoro dell'esperienza e continui a fare gli stessi errori..
A parte queste amare considerazioni e un po' in ritardo, ti faccio tanti auguri per il tuo compleanno!!
mi hai fatto commuovere, davvero. quanto Amore in quello che hai descritto ; per te e la tua famiglia.Non ci sono parole da aggiungere , non c'è un commento adatto..solo un luccichìo negli occhi. Ci dimentichiamo spesso da dove siamo venuti e sopratutto "la nostra storia". Grazie :) Un abbraccio Nicoletta
Grazie Carmen ben accetti comunque i tuoi auguri !! : D
Un abbraccio Nicoletta! ♥
Mi hai fatto venire i brividi con questo racconto, dovrebbero leggerlo tutti coloro che dicono peste e corna sui nuovi migranti! Tra loro ci sarà anche qualche disonesto, come esiste statisticamente in qualsiasi gruppo di uomini, ma principalmente sono disperati alla ricerca di una vita in pace.
E buon compleanno!
Anche le mia famiglia ha lasciato l'Istria per venire a Trieste, i miei si sono conosciuti così.... in qualche albergo (credo).
Buona domenica sera Renata.
Grande Renata!!!!
Auguroniiiiiiiiiiiiiiiiiiii e bellissimo post!
Un sorriso
Marinz
Davvero stupendo questo post.
Cara amica, auguri ancora, te li meriti tutti ed hai fatto più che bene a festeggiare alla grande.
Bello e intenso questo post, Renata! Sembra che tutti si siano dimenticati delle fatiche e delle miserie dei nostri nonni e dei nostri padri e sono tutti pronti a costruire muri dimenticando che siamo stati tutti migranti da qualche parte del mondo, chi prima chi dopo!
Un abbraccio grande!
Un racconto di vita vissuta che dovrebbe far riflettere. Grazi3
Grazie a tutti ♥
Bella la storia dei tuoi genitori. Davvero colpito dalla foto di famiglia.
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