Natale di tanti anni fa!
Per lasciarmi alle spalle i pensieri e le preoccupazioni del presente, mi tuffo nel passato e vi racconto come trascorrevo i miei giorni di Natale nell'infanzia!
Già vi ho detto dei preparativi della Vigilia per i dolci di Natale.
Ma alla mattina del 25 dicembre, venivamo (io e mio fratello) svegliati alle 9.30 perchè ci aspettava la cugina, vicina di casa, per andare alla messa delle 10.30 in paese ad un kilometro e mezzo distante. Non si faceva colazione, perchè dovevamo esser digiuni per fare la comunione. Quindi ci si incamminava per la strada sterrata ed attraverso i campi si accorciava il percorso. Nel cammino si parlava, si faceva a gara a chi fa la nuvoletta più grande di vapore acqueo, chi scivola meglio nelle pozzanghere ghiacciate (a volte anche rompendo il velo e bagnandosi le scarpe!).
La Messa raccoglieva tanti bambini della nostra età con i loro genitori. Si assisteva non senza sorridere dei poveri chierichetti che reggevano un pesante ombrello a piccolo baldacchino, tenendolo sopra la testa del curato, seguendolo, correndogli dietro durante la messa, mentre lui puntualmente li redarguiva in corso d'opera per la loro maldestra applicazione, dopo tante istruzioni e tante raccomandazioni.
All'uscita si tornava a casa veloci, che la fame incalzava. Un po' di caffélatte che il pranzo era per l'una.
All'uscita si tornava a casa veloci, che la fame incalzava. Un po' di caffélatte che il pranzo era per l'una.
La tavolata era enorme. A capotavola mio bisnonno ed il figlio maggiore, mio nonno!
Ai lati seguivano gli altri due figli, fratellastri del nonno, le loro mogli, la bisnonna (madre degli zii: sposa di secondo letto), mia nonna, la mamma, papà, io e mio fratello. S'iniziava con un brodino, poi arrivava un sontuoso pasticcio di lasagne al forno. Di seguito il bollito con crauti e salsicce, il gallo arrosto al forno con patate, che mangiavo volentieri, perchè il maledetto mi saltava sempre addosso ogni volta che gli passavo vicino, anzi a volte mi correva pure dietro! C'erano contorni vari con verdura fresca, verdura cotta, pane fresco di forno fatto in casa. Si finiva con il dolce tagliando un panettone portato da Trieste, ma spesso si portavano in tavola le fritole istriane (quelle di cioccolata) e la pinza. Questa veniva pucciata in mezzo bicchier di vino, meglio se nero, a cui avevamo aggiunto uno o due cucchiai di zucchero: era buonissimo ed ogni volta noi bambini ci ubriacavamo. La mamma protestava che era troppo vino, le nonne la redarguivano "Tasi (taci), per una volta! che fa sangue!" Il vino era ottimo e tutti bevevano generosamente. L'ambiente non era solo scaldato dalla grande cucina a legna, ma la festa si faceva chiassosa per tutto il cibo ed il vino. Solo mio nonno quando beveva un po' di più stava zitto, ascoltando ed intervenendo raramente, ma con battute dirette e divertenti. Metteva le braccia conserte e si sedeva ben appoggiato allo schienale della sedia. Anche se allegri gli uomini non erano mai sguaiati, ridevano di gusto e, specie gli zii, raccontavano aneddoti della loro infanzia, o lo zio della prigionia sotto gl'inglesi. Il bisnonno con l'autorità della vecchiaia e da patriarca, interveniva sottolineando con maggiori ragguagli qualche ricordo e notizie dimenticate dai figli, per rafforzare l'incisività della storia, magari aggiungendo che ora ne ridevano, ma la situazione allora era stata molto seria. Il bisnonno teneva al decoro e redarguiva i figli, senza sminuirli, se vedeva che stavano esagerando. Poi c'erano i commenti, specie quelli di mia madre, che apostrofava gli zii quando pareva esagerassero, con loro era cresciuta da piccola e li trattava da pari, perchè li considerava dei veri fratelli, era l'unica persona che si poteva permettere d'interromperli, le sue stesse osservazioni, se fatte dalle mogli trovavano risposta più secca nel "ti tasi, che parlo mi!"
La mia famiglia era molto unita c'era enorme rispetto dei due zii, fratellastri minori, per mio nonno, che consideravano in tutto il loro capofamiglia, in quanto, il padre, mio bisnonno dopo l'esodo era caduto in una fortissima depressione ed aveva perso la figura di comando, anche se continuava ad essere rispettato come autorità, tutti e tre si rivolgevano a lui dandogli del "Vu" (Voi). Nessun screzio o mala parola veniva nelle riunioni mensili dove facevano la situazione contabile dei poderi e dei proventi dal bestiame. Solo quando le mogli protestarono in quanto c'era sempre quella più "malata" che adduceva un motivo più che un altro per lavorar di meno, i fratelli decisero di lavorare non più in solido, ma ognuno il suo podere: lo fecero di comune accordo, seppure riluttanti, ma erano consci di voler evitare il disaccordo e le recriminazioni e considerarono la divisione il male minore. Si aiutarono sempre in caso di difficoltà o per la vendemmia, che per me era un'altra grande festa. C'era sempre la solidarietà: quando qualcuno stava male, tutti affluivano nella sua casa, le donne sistemavano il disordine se c'era per renderla presentabile al "dottore", che veniva fatto accomodare con reverente educazione. Gli uomini lo accompagnavano. Venivano preparati una bacinella, il sapone nuovo scartato per l'occasione dalla confezione, l'asciugamano di lino fresco di bucato pronto per asciugargli le mani. Il caffé pronto sul fornello per farlo salire, il bicchiere sulla tavola vicino alla bottiglia di vino pregiato od un liquore, intanto che sale il caffé...
L'armonia, il rispetto regnarono sempre tra i tre fratelli e per noi nipoti sono stati un esempio enorme di virtù e civiltà.
La mia famiglia era molto unita c'era enorme rispetto dei due zii, fratellastri minori, per mio nonno, che consideravano in tutto il loro capofamiglia, in quanto, il padre, mio bisnonno dopo l'esodo era caduto in una fortissima depressione ed aveva perso la figura di comando, anche se continuava ad essere rispettato come autorità, tutti e tre si rivolgevano a lui dandogli del "Vu" (Voi). Nessun screzio o mala parola veniva nelle riunioni mensili dove facevano la situazione contabile dei poderi e dei proventi dal bestiame. Solo quando le mogli protestarono in quanto c'era sempre quella più "malata" che adduceva un motivo più che un altro per lavorar di meno, i fratelli decisero di lavorare non più in solido, ma ognuno il suo podere: lo fecero di comune accordo, seppure riluttanti, ma erano consci di voler evitare il disaccordo e le recriminazioni e considerarono la divisione il male minore. Si aiutarono sempre in caso di difficoltà o per la vendemmia, che per me era un'altra grande festa. C'era sempre la solidarietà: quando qualcuno stava male, tutti affluivano nella sua casa, le donne sistemavano il disordine se c'era per renderla presentabile al "dottore", che veniva fatto accomodare con reverente educazione. Gli uomini lo accompagnavano. Venivano preparati una bacinella, il sapone nuovo scartato per l'occasione dalla confezione, l'asciugamano di lino fresco di bucato pronto per asciugargli le mani. Il caffé pronto sul fornello per farlo salire, il bicchiere sulla tavola vicino alla bottiglia di vino pregiato od un liquore, intanto che sale il caffé...
L'armonia, il rispetto regnarono sempre tra i tre fratelli e per noi nipoti sono stati un esempio enorme di virtù e civiltà.
Sempre durante le feste, tra mangiate e risate ed il dolce pucciato nel vino, ad un certo punto non ce la facevo proprio ed andavo a letto, perchè i pranzi si dilungavano parecchio, tra una portata e l'altra e si arrivava sempre nel tardo pomeriggio quasi sera, quando gli zii e le zie ci lasciavano per tornare a casa. Io distrutta e riluttante in quanto faceva buio e ne avevo paura, dovevo andare in camera da letto: sul cuscino la testa girava per quel mezzo bicchier di vino puro bevuto e non voleva saper di fermarsi proprio, cercavo di rimanere immobile più tempo possibile! Cedevo al sonno con il confortante sottofondo delle voci e delle risate che venivano dalla grande cucina sottostante e che smorzavano la mia solitudine nella grande stanza umida e fredda, facendomi accucciare con la borsa d'acqua calda a riscaldare le lenzuola e creare nuovo calore.
Di dodici persone di quella bella tavola, siamo rimaste in due e solo i miei due figli si sono aggiunti. Abbiamo mangiato anche quest'anno, ricordato, sorriso, qualche lacrima c'è stata, ma la vita è una ruota che porta avanti, non si può tornare indietro. Ci si può solo scaldare il cuore al ricordo, perchè ognuno di loro ha lasciato in me una preziosa eredità che mai andra spesa o perduta!
Auguri a tutti!
Etichette: ricordi, vita movimentata
8 Commenti:
Quante cose vere scrivi
Che meraviglia avere ancora il proprio bisnonno nei propri ricordi..
Tantissimi auguri!
Si Soffio, sono le "perle" più preziose che ho ereditato.
E' vero Maude, ma soprattutto la bisnonna carica di storie e favole che mi teneva compagnia e condivideva con me piccoli lavori di cucina.
Oh Renè.... che belli i tuoi ricordi!
Io non ho ricordi del Natale, se non di quand'ero molto piccola e c'era ancora la nonna paterna.
POi... niente. La mia famiglia non è mai stata così bella, unita. Nemmeno oggi lo è.
Ricordo invece le vacanze nel Veneto, dagli zii: ecco, lì ritrovo le usanze, i modi di fare, il rispetto di cui parli.
Splendido post, meravigliosi ricordi.
Tanti tanti auguri di serenità.
Grazie Giusy, i ricordi sono bellissimi, anche perchè quell'età era spensierata!Auguri
Leggo solo adesso Renata...e trovo tutto molto tenero.... Un abbraccio e buon anno nuovo..
Gran bel post! :) L'ho letto soltanto oggi - che Natale sembra già archeologia - ma mi piacciono tantissimo questi racconti di ricordi "normali" eppure così speciali!
Lipo & Shunrei : sono tra i più bei ricordi della mia vita.
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