E' da tanto..
.....che non scrivo.
In questo periodo sono succeduti molti avvenimenti che mi hanno riempito la vita e portato via il pensiero.
E così un altro mese è trascorso, abbiamo chiuso con l'ora legale, stiamo apprezzando le ultime giornate di sole dell'Estate di San Martino e già si pensa che presto bisogna fare la lista dei regali per Natale.
Intanto si pensa ai propri morti, perché per noi Italiani è il tempo dell'anima, non abbiamo bisogno di esorcizzare la morte con la festa di Halloween, noi la morte la viviamo in modo diverso. I morti riposano e non vengono dall'oltre tomba a spaventarci, ma ci proteggono e ci accompagnano, fino a quando i nostri passi non diventano più sicuri.
Come ogni anno la ricorrenza vede un fiume enorme di fiori, il pellegrinaggio ai cimiteri di gente che al cimitero non ci penserà più che fra un anno. Tutti a sentenziare che la gente adempie ad una formalità più che rinnovare il rito della rimembranza, rispondendo con un'ondata di consumismo inutile.
Ma, sapete, secondo me, va bene anche così! Non è detto che tutti debbano tenere in ordine le tombe dei propri morti per ricordarli. Molti non ce la fanno psicologicamente e posso capirli. Non si tratta di mancanza di rispetto o di affetto, spesso si tratta di un blocco, a voler dimenticare una perdita che fa troppo male o non voler riconoscere la perdita.
Nel giorno dei morti di 42 anni fa abbiamo sepolto mia madre. Aveva 42 anni, io ne avevo 19. Per soddisfare un suo desiderio le mettevamo sempre dei fiori freschi sulla tomba andando in cimitero ogni secondo giorno, per 10 anni. Poi fu traslata in un altra città dove abitavano i suoi genitori e da allora le nostre visite diradarono per ovvi motivi. Accudire la tomba di mia madre nei 10 anni era il mantenere un legame con lei, ma soprattutto un "obbedire" alla sua volontà di avere sempre fiori freschi sulla sua tomba, anche uno solo.
Mio marito è deceduto 5 anni fa, eppure se vado da lui un paio di volte l'anno è tanto. Quando vado lì non riesco a capacitarmi che lui non ci sia più. La mia mente non vuole accettare la sua dipartita, anche se fisicamente non è più nella mia vita, lo sogno spesso, durante i primi anni era come se la nostra vita coniugale continuasse nel sogno. Ed i sogni talmente vividi da sembrare una vita parallela. Ed andare al cimitero era sancire l'ineluttabilità del distacco della morte.
In realtà non ho ancora accettato di riconoscere di aver seppellito mio marito: quello che giace lì sono le ossa di un uomo trasformato dal dolore e dalla malattia, menomato nella mente dal panico, dai farmaci, dai danni di un leggero ictus. La sua anima ed il suo spirito sono svaniti a poco a poco, mangiati dalla sofferenza. Solo la sua ombra arrancava e lottava con la forza di un leone indomito contro la malattia. Non ho mai accettato ciò che era diventato e la morte che per lui è stata una liberazione, per me è stata la fine di una battaglia.
Quanto è effimera la nostra vita. Prima siamo parte di una realtà fisica, poi più nulla... restiamo e viviamo solo nei ricordi, non c'è vita nelle loro tombe, c'è il deposito di un'enorme sofferenza che i morti hanno patito. Ma la loro anima è vicina a noi, la possiamo percepire, il ricordo, non la tomba, li lega a noi...
E come recita la poesia...
La morte non è niente.
Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.
Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.