Da giovane -come per tutti- il mio metabolismo funzionava e riuscivo a dimagrire
anche mangiando solo qualcosa in meno. Ma nel corso degli ultimi vent’anni
quando la vita si è fatta più tosta, come da imprinting generazionale ho frenato
sempre le mie esigenze per anteporle alla famiglia-casa ed al lavoro, nonché ai
parenti. Fatto sta che ho incamerato 20 kili di troppo a corazza, prima semplice sovrappeso, ultimamente moderata obesità : kili difficili da
buttar giù per il rallentamento del metabolismo tipico della menopausa. Non è
solo una questione fisica, ma soprattutto psicologica, quando la mente si rende
conto che sto calando, automatica-mente vado in cerca di più cibo. Quando mi
impongo delle diete, facendomi seguire dalla dietologa avanza ed ingigantisce il
senso di impotenza e di rivolta ad un regime troppo disciplinato. Finisce che la
dietologa è frustrata, io sono frustrata e spendere soldi per non averne il
beneficio sperato è come sputare controvento.
Dato che il meccanismo mentale è ozioso e bastardo e non ne vengo a capo,
ho pensato che solo un esperto poteva aiutarmi : sono andata dalla mia
psicologa.
La psicologa mi ha dato della menopausa una nuova lettura : la menopausa
è il periodo in cui la donna ha la possibilità di mettere “meno-in-pausa” se
stessa. Mentre in precedenza famiglia, lavoro ecc. catalizzavano le nostre
priorità ora i bambini son cresciuti, il lavoro finisce e quindi ci troviamo a
recuperare una dimensione di spazio e tempo che prima non avevamo e nel quale
possiamo esprimerci.
Invece di reprimere le nostre necessità per soddisfare le primarie ed altrui la
donna in meno-in-pausa può permettersi (a volte complici le caldane) di “andare
fuori di testa”, essere intrattabile: le manifestazioni sono un implicito ed
anche direi INVOLONTARIO (perché delle caldane ne vorremmo far a meno) attirare
l’attenzione di chi ci sta intorno, una necessità di affermare CHE NON SIAMO UN ROBOT AL SERVIZIO DELLA
FAMIGLIA E DEL LAVORO, ma che ANCHE NOI possiamo e dobbiamo segnare il passo,
avere esigenze e bisogno di staccare. Alla luce della spiegazione di cui sopra
ora comprendo il perché una ginecologa tanto tempo fa mi disse, che le
manifestazioni sono più eclatanti (vampate, caldane, iperidrosi, sbalzi d’umore,
ecc.) in proporzione a quanto la donna ha subìto, sopportato, lavorato, taciuto
e che sono proprio quelle che hanno dato di più, le più forti, che perdono la
bussola più facilmente.
Perché non riusciamo ad ESPRIMERE NOI STESSE? A prescindere dall’imprinting
della società, quando nella vita le problematiche cadono massicce e pesanti
spesso non riusciamo a reagire, ma solo ad eseguire. Questo è il secondo
concetto basilare della seduta. Ve lo spiego : REAGIRE vuol dire che esaminando
ciò che ci accade riusciamo a prendere delle decisioni per il nostro bene e
trovare la soluzione che ci porta meno disagio, mentre ESEGUIRE significa,
sopportare e subire qualsiasi carico arrancando fino allo stremo perché siamo incapaci di
reagire.
Ora arriviamo al terzo punto : Quando arranchiamo nell’ESEGUIRE, si
materializza dentro di noi il bisogno di tacitare il nostro IO SAGGIO con la
“morfina del cibo”. La psicologa mi ha corretto: il cibo in quantità esagerata
non è più scatenante di endorfine, che sono benefiche, entusiasmanti,
vivacizzanti e appaganti, ma proprio di “morfine”, che ci “addormentano” la
coscienza. Infatti quando siamo sazi la pesantezza della digestione assopisce il nostro
cervello, per svegliarci arrancando solo quando le necessità incalzano e
quindi bisogna tornare ad eseguire.
Quindi ora sto imparando a mettere “meno-in-pausa” le mie esigenze ed a
reagire alle necessità della vita. Il rapporto con il cibo sta già migliorando!!
Sperem... : D