domenica 5 febbraio 2012

Bollettino dal fronte orientale ; D

Finalmente la Bora (almeno per il momento) è cessata: spira sempre un vento da NE di 40 km/h, mentre la Bora è ENE (un vento di Greco). Stendhal diceva Fa bora due volte alla settimana e cinque volte vento forte. Dico vento forte quando si è costantemente occupati a tenere stretto il cappello e bora quando si ha paura di rompersi un braccio. 
Finalmente i termosifoni sono caldi, ma non ustionanti.
Finalmente per strada c'è silenzio e non si sente più vibrare e sbattere dai refoli.
Finalmente cerco di riprendermi una stabilità che nei giorni scorsi faticavo a raccogliere.
Bevo il mio amato caffé e mi rilasso!

Chiudo l'argomento Bora con uno stralcio letterario da "Il ritorno del padre",  di Giani  (si con una sola N!) Stuparich, che descrive la Bora e da cui capirete il perché i Triestini la amano.
"
(...) Bisogna vederla nascere. Qualche anno fa, di febbraio, ebbi l'occasione d'assistere alla sua venuta. L'aria era annebbiata e sonnolenta; dalla riva, dove mi trovavo, la città sembrava vecchia sotto un velo uniforme di stanchezza; i moli, piú che protendersi decisi nel mare, sembravano emergere fiacchi e galleggiar su di esso come degli zatteroni sul punto di sfasciarsi; la collina era grigia ed opaca.
Improvvisamente l'orlo della collina cominciò a rischiararsi; la tenda nebbiosa là sopra si sollevava, si slabbrava, mostrando una striscia di ceruleo intenso, come l'apertura d'un mondo rinnovato. Non capivo da principio; ma poi quando vidi la nebbia sopra la città addensarsi, rotolare e sparire, quando vidi il mare pulirsi e sentii fremere intorno a me l'aria, giungendomi alla pelle un piacevole frizzio e alle nari un fresco e leggero odore di sassi e di pini, allora capii che cos'era. Nasceva la bora. Si profilava sul ciglio dei colli e poi d'un balzo era giú, sulla città e sul mare. Le case acquistavano corpo, si tergevano, s'avvicinavano; i moli liberavano le loro sagome forti e squadrate dal velo tenero della nebbia; nei bacini l'acqua del mare prendeva colore e moto. Una freschezza, un ringiovanimento da per tutto. (...)

Vi cito anche la biografia dell'autore, perchè è stato uno dei più illustri cittadini di Trieste e merita di spendere un paio di minuti per conoscerlo un po'.

Nasce a Trieste da madre triestina (Gisella Gentilli) e padre dell'isola di Lussino (Marco Stuparich). Frequenta l' Universitò di Praga, ma dopo un anno con altri intellettuali triestini, tra cui Scipio Slataper, va all'Università di Firenze dove si laurea in letteratura italiana con una tesi su Niccolò Machiavelli.  Nel 1915 è volontario nella I Guerra Mondiale con il grado di sottotenente dei granatieri di Sardegna sempre assieme con il fratello Carlo e l'amico Scipio Slataper.  Combatte sul Carso viene ferito due volte, prigioniero è internato in 5 campi di concentramento austriaci.  Medaglia d'oro al valore militare. Nel 1918 ritorna a Trieste e sposa Elody Oblath. Insegna italiano al liceo Dante Alighieri dal 1921 al 1941. Rifiuta la tessera del partito fascista  e non prende parte ad alcuna manifestazione. Nel 1944 viene internato  a seguito di una delazione, assieme alla moglie ed alla madre nella Risiera di San Sabba (unico campo di sterminio nazista su suolo italiano -purtroppo-) ma viene rilasciato per intervento del vescovo Antonio Santin e del prefetto di Trieste. Nella Resistenza Italiana fa farte del Comitato di Liberazione Nazionale. Nel 1946 fonda il Circolo della Cultura e delle Arti.  Nel dopoguerra alterna la professione di giornalista (La Stampa, Torino 1931-1955; il Tempo, Roma 1054-1960) a quella di scrittore impegnandosi politicamente sia in conferenze e dibattiti, che a presentazione e convegni letterari in onore a scrittori celebri per impegno politico e civile, tra questi i suoi amici di sempre : Umberto Saba, Virgilio Giotti, Biagio Marin, Piero Calamandrei, Guglielmo Reiss Romoli. Muore a Roma il 7 aprile 1961.
Riposa al cimitero di Trieste sepolto con il fratello Carlo in una tomba sovrastata da  semplici, scarni, ma possenti monoliti di pietra carsica.

Delle sue opere  L'Isola, portata in televisione da Pino Passalacqua  nel 1979, viene considerato da molti critici come le più belle pagine del Novecento ed anche il suo capolavoro. Ma quella che ha avuto maggior diffusione, essendo testo adottato nelle scuole dal 1977, è    "Un anno di scuola"  (1929)  trasposta in film per la tv dal regista triestino Giraldi , di cui passo un breve frammento.

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sabato 4 febbraio 2012

La Bora

Colgo il suggerimento di Perennemente Sloggata, dato che il vecchio splinder ha inghiottito il mio post sulla Bora, lo posso riproporre anche a beneficio dei nuovi amici!

La leggenda narra che Bora era una bellissima semidea. Viveva in una grotta sul Carso. D'inverno vi si chiudeva e svernava, ma in Primavera usciva dal suo rifugio : aveva il compito di riportare la vita con il suo lieve e tiepido venticello ovunque andasse, tanto che la Natura si svegliava al suo passaggio rifiorendo.

Nel suo percorrere la zona  anno dopo anno, si innamorò di Tanaris, il dio del Bosco che aveva la sua "casa" nell'albero più vecchio e forte del Carso. I due erano felici ed all'inizio dell'inverno Bora con riluttanza si ritirò nella sua grotta, promettendo a Tanaris  di ritornare in Primavera. Ma quell'Inverno fu molto duro e freddo, gli uomini si spinsero verso il Bosco ed iniziarono a tagliare gli alberi per sopravvivere alla rigidità dell'atmosfera per scaldarsi, sfamarsi, ma soprattutto per costruire dei ripari contro le intemperie.

Anche il grande vecchio albero fu tagliato:  gli umani posero ai suoi piedi le offerte al dio che lo occupava, chiedendogli di "uscire" dall'albero prima di tagliarlo ed a malincuore Tanaris fu costretto a lasciare per sempre il suo regno.

Venne la Primavera ed impaziente Bora uscì dalla sua caverna, ma quando arrivò all'albero di Tanaris e lo vide tagliato con le offerte sulle radici,  la dea impazzì dal dolore: iniziò a vagare rabbiosamente sul Carso, disperatamente cercando tracce dell'amato e quando comprese che non lo avrebbe visto mai più, il dolore si trasformò in rabbia furiosa tale che il venticello divenne una bufera di vento come non se ne erano mai viste!

Pazza dal dolore lanciò una maledizione agli uomini, li avrebbe tormentati per sempre avrebbe vendicato in eterno l'esilio del suo amato ed incominciò a sferzare rabbiosamente le costruzioni degli umani fino ad abbatterle. Per lei non ci fu più pace, iniziò a soffiare ed a tratti andava a rifugiarsi nella grotta per   riprendere le forze, ma quando ne usciva si scagliava di nuovo contro case degli uomini, che per tener testa alla Bora iniziarono a costruire mura di pietra  sviluppando quella che è conosciuta come Trieste ed i centri abitati del Carso. Ma  Bora ancora oggi colpisce con violenza fino a che, insinuandosi con violenza in piccoli pertugi, sconquassa e sgretola anno dopo anno indebolendo anche le più forti costruzioni.



Nella realtà scientifica la Bora è un flusso di aria fredda con uno spessore di "sole poche" centinaia di metri (440-800). Sopra di essa il cielo può essere sereno e allora si ha la «bora chiara» o«anticiclonica», se invece è sovrastata da formazioni nuvolose sciroccali si ha la bora con cielo coperto, cioè «bora scura» o «ciclonica», perché generalmente dovuta al passaggio di depressioni sulla Penisola italiana e sul mare Adriatico.  Il vento   scende dagli Urali si ingrossa nella Vallata della Sava di Lubiana e di Zagabria  ed attraversa i valichi situati fra le Alpi Giulie Orientali e i monti Kapela e Velebit della Croazia. Il Monte Nevoso che incontra a livello di   Postumia, detta la Porta della Bora, scinde la Bora in due flussi, uno si rovescia su Trieste e nel suo golfo, dove al largo perde la sua potenza e raggiunge Chioggia e Venezia  con un terzo di forza rispetto a quella di Trieste, l'altro flusso si proietta verso Fiume ed il Quarnaro. E' un vento discontinuo , con forza variabile che tocca punte molto forti dette "refolo" . I record di questi anni sono stati di 152 km/h il 10/03/2010, anche se lo stesso giorno è stata registrata anche una raffica a 188 da strumenti non a norma WMO del Nautico di Trieste. Sempre in marzo, ma nel 2011 le raffiche hanno raggiunto i 173 km/h. Il record però è del lontano 1954 dove l'Istituto Talassofrafico misurò 171 km/h prima che la forza del vento spaccasse l'anemometro. In alcune località della Slovenia e della Dalmazia dicono abbia superato i 220/250 km/h. La bora dura solo un numero di giorni dispari, mai pari! Verso mezzogiorno si acquieta, ma è solo una breve illusione, riprende nel primo pomeriggio ed i Triestini dicono che la Bora va "a pranzo".

Come la definì Peter Handke la Bora è Un unico sibilo gelido là sull'altopiano, che ti priva d'ogni profumo  e non ti fa più vedere né sentire. (...)

Quando stavo in collina dovevo legare lo stendibiancheria con due corde ben strette ai capi dell'attrezzo : la Bora a volte allentava le corde ed, avendo come "unico gioco" la possibilità di scendere a terra, lo stendibiancheria si chiudeva a terra. Fu il primo consiglio che mi dette la vicina di casa, memore del volo che il suo primo stendibiancheria aveva fatto dal terrazzo! Le piante dovevano essere tutte poste a terra al riparo. Avevo anche un armadio di ferro alto due metri   fissato alla parete del terrazzo con varie viti, nel corso degli anni la Bora creava un vortice tale che faceva vibrare la porta tanto che la serratura si era piegata e nei giorni di maggior forza, i refoli riuscivano ad aprire la porta, tanto che dovetti mettere un fermo davanti alla porta che non si aprisse. Tutto doveva essere ancorato!

La Bora oggi ha squarciato una torretta del posto di blocco sul confine Rabuiese che è stato chiuso,  ed all'Ospedale di Cattinara (una delle colline su cui poggia la città) cadono mattoni, un pezzo di controsoffitto è caduto nella zona triage del pronto soccorso ed i corridoi si sono trasformati in gallerie del vento facendo collassare alcune vetrate. Altri infissi hanno ceduto e la torre medica in alcuni reparti aveva la temperatura di 15° : l'ospedale è ricorso all'acquisto di coperte e stufette elettriche insufficienti per garantire lo standard di calore abituale. Andare a trovare i malati diventa un'impresa, il pericolo oltre ai crolli è dato dalla traiettoria che i detriti possono prendere colpendo i passanti!

A casa per mantenere la temperatura di 19° abitualmente i termosifoni sono tiepidi, in questi giorni sono bollenti!

Nonostante tutto i Triestini amano la Bora : qui la neve non attacca con la Bora, in compenso i refoli fanno disastri!  A prescindere dall'inverno la Bora porta i suoi vantaggi: tiene lontano le nuvole e spazza il cielo anche dallo smog e lo fa risplendere di un azzurro indimenticabile.  D'estate la Bora è un sollievo e soprattutto controlla il tasso di umidità, che senza di essa diventa intollerabile sia con la bella che con la cattiva stagione!


 











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giovedì 24 novembre 2011

Brrrr come Bora!

La Bora porta un vantaggio enorme : spazza lo smog, il cielo dalle nubi, ma rompe, ooohhh quanto rompe! Se vi sembra che le mie parole e la mia reazione siano un tantino sopra le righe, vi cito la spiegazione che ho letto nel sito del Museo della Bora, scritte dal dott. Luzzati, nel lontano 18xx in cui mi son riconosciuta!

Alle sue prime follate ogni umidità del suolo e dell’aria si dissipa, il cielo si rasserena e la temperatura di molto si abbassa. sull’organismo umano, e come vento privo di calorico e di umidità, potentemente agisce, ma lo molesta ancor più coll’impeto suo, offendendo l’organo della cute, e specialmente l’aspera arteria ed i polmoni.
Quando esso spira, l’aria diventa fresca ed elastica, e secca e pura, aumenta l’accostamento delle molecole organiche, quindi la forza dei solidi, accrescendo il tono della fibra. Diminuisce le escrezioni, ravviva l’appetito, accelera la digestione, e poiché sotto il medesimo rinchiude una maggior copia di gas ossigeno, accresce l’energia del sistema polmonale e sanguigno, favorendo il processo della sanguificazione e promovendo la circolazione per l’albero arterioso.
Il sangue si fa più ricco di fibrina, i movimenti vitali più alacri, più spediti, più vigorosi.
E’ chiaro perciò, che sotto l’azione di un’atmosfera sbattuta da questo vento, se da una parte i temperamenti robusti, a visceri sani, godono di una maggiore prosperità di vita, ne soffrono soprattutto coloro che furono acclimatizzati sotto un cielo di natura più mite, o che per organiche alterazioni non possono offerire allo stimolo, materiale e chimico di questo vento impetuoso una resistenza organico-fisiologica, atta a paralizzarne i dannosi effetti.

e finalmente ho capito perchè ultimamente quando soffia la Bora......mi girano!!!

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