sabato 17 novembre 2012

Proprietà della Comunità!


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sabato 3 novembre 2012

3 novembre


3 novembre 1918 : i bersaglieri dalla nave Audace sbarcano a Trieste finalmente Italiana, nella piazza Unità d'Italia gremita di gente!


3 novembre 2012 commemorazione della liberazione di Trieste !
 
 
Ontanoverde e Nellabrezza ieri erano nella piazza Unità d'Italia, un meraviglioso salotto di cui il Paese si può fregiare come unica al mondo, con una vista eccezionale sul mare aperto, enorme, contornata da palazzi storici. Oltre al Municipio ed alla Prefettura, qui si trova il Palazzo costruito dalle Assicurazioni Generali ai primi del novecento, quando la sede Triestina della società iniziò ad espandere ed impiegare i proventi investendo nel campo edilizio. E vi trovate anche la sede del Lloyd Triestino (recentemente Italia Marittima assorbita nel Gruppo TAIWANESE Evergreen Line!)  Aziende sviluppatesi nel 1800 vanto della città, di levatura mondiale, che Trieste ha fatto grande e che l'Italia -almeno per il Lloyd - non ha saputo mantenere italiane.
 
Ieri si camminava sul colle di San Giusto ed il vento ci ha portato il suono delle fanfare dei Bersaglieri: siamo corse a vedere la manifestazione dell'ammaina bandiera, scendendo centinaia di scalini. Fanfare dei battaglioni in armi, di reduci, di crocerossine, e la popolazione hanno suonato e cantato in un suggestivo momento, all'ammaina bandiera, l'inno di Mameli. Il momento è stato molto commovente, perché ci ha portato alla mente la sofferenza di chi ha lotta per la libertà e l'Italianità, per il valore di questa gente che ha sacrificato la vita ed ha portato avanti un ideale ad ogni costo, per conseguire uno scopo in totale altruismo, mentre si poteva fare -come i politici di adesso- i fatti suoi!

Si perché, come illustravo a Nellabrezza le opere di maggior pregio ed i benefici economici che hanno aiutato a sviluppare dalla fine del '700 un piccolo paese di pescatori di un paio di migliaia di anime, fino alla fine dell'800 in una cittadina florida e ricca, con una crescita esponenziale fino a 200.000 anime, con l'importazione di muratori svizzeri (!!) per costruire i grandi templi ed i grandi palazzi della nuova aristocrazia commerciale, con l'afflusso di circa ventimila ebrei che chiamarono Trieste, die Tuere der goldene Medine (la porta della terra promessa), con imprenditori affluiti da tutta Italia, ma anche dall'Europa e dal mondo,  che hanno sviluppato nel giro di un lustro capitali inarrivabili e partecipato a fondare istituzioni che ancora oggi (nonostante il malgoverno) sono capisaldi nelle loro corporazioni, grazie all'impulso ed alla lungimirante amministrazione degli Asburgo, che hanno agevolato con leggi e decreti tale sviluppo, abbia lottato coscientemente per la vocazione Italiana di cui i cittadini erano convinti! GUARDATE QUANTI ERANO IN PIAZZA QUEL GIORNO AD APPLAUDIRE I BERSAGLIERI NEL 1918 !!!!!! Tornando indietro quale sarebbe alla luce dello sviluppo che ne è seguito, quale sarebbe l'intento di quei patrioti?  Dato che una parte d'Italiani si domanda ancora se a Trieste noi parliamo italiano??

L'Italia ha tradito Trieste in modo vergognoso, dapprima relegandola a caposaldo di confine, chiudendola all'Est per terrore dei "comunisti". Si quelli facevano veramente paura, e durante la guerra hanno commesso atrocità, ma la sovranità Italiana doveva incrementare l'economia di Trieste, non alienare i maggiori capitali delle società, costringendo a trasferirne la sede in altre città,  riducendole o vendendole ad imprenditori stranieri.

Trieste ha visto soffocare anno dopo anno le proprie capacità di sviluppo, perché queste l'avrebbero portata in competizione con i porti del Nord (Rotterdam, Amsterdam, ma soprattutto Brema ed Amburgo) entrando in collisione d'interesse con chi   finanziava ed appoggiava i governi Italiani. Il progetto Off-Shore presentato negli anni '90 per incrementare lo sviluppo economico non solo della provincia ma anche dei confinanti Sloveni è stato bocciato da Maastricht per anti-costituzionalità: per paura che Trieste diventasse una piccola Svizzera Italiana. Come volete che la città possa avere l'appoggio allo sviluppo in questo quadro di sudditanza?

Ci si chiedeva, io e Nellabrezza, che senso abbia oggi il panorama politico attuale rispetto al sentimento nazionale di chi ha lottato per l'Unità di questa benedetta Italia e di chi si sente -NONOSTANTE TUTTO- ancora Italiano, ma è negletto da questa becera incapace classe politica, così ricca di buoni a nulla, scalda scranni. Si buoni a nulla! Perché se veramente sapessero fare il loro lavoro, vivremmo in una prosperità di cui abbiamo le prerogative, ma che loro non sanno sfruttare   per il bene del Paese da cui potrebbero attingere in misura maggiore anche per le proprie tasche.
 
In quali mani siamo? Come uscirne fuori? Che speranza ha il nostro popolo di riscattarsi, mentre i politici fanno man bassa senza ritegno? Chi poter votare per cambiare pagina??? E' giusto scegliere il male minore o diamo un segno tangibile della nostra sofferenza non andando alle urne ?? Rinnoviamo la classe politica, ma quale affidamento i vari Matteo Renzi ed affini possono darci? E se non andassimo alle urne, un altro Governo tecnico porterebbe avanti il programma ed i politici saprebbero che la loro poltrona non è proprio così sicura come credono...?
 
Considero il voto un dovere, oltre che un diritto, ma sinceramente penso che non votare in questo momento possa fare solo del bene, meglio che ricorrere al "meno peggio" per tirare avanti!  Nel 1978 in epoca di crisi la città dimostrò il proprio dissenso politico votando per il 27% della popolazione una lista civica "La Lista per Trieste", tanto che per anni avemmo il prefetto Capo del Governo, che sorvegliasse la classe politica Triestina e non "cospirasse" contro l'Italia. Ebbero il fuoco al culo per la secessione attiva che la città dimostrò, anche se poi i rappresentanti della Lista si accodarono alle grandi coalizioni nazionali per poter ottenere appoggio in Parlamento.

Ma viviamo in altri tempi, i nostri animi sono stati repressi e spenti!  I giovani a Trieste non hanno chance di carriera, di trovare un lavoro decente: le fabbriche vengono via via chiuse e la città è riconosciuta da decenni come una città di vecchi! Ed i vecchi si sà, non hanno forza sufficiente per ribellarsi, sanno solo brontolare!

 
Voi che ne pensate???

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martedì 14 agosto 2012

14 - 15 agosto 1947-2012 65° ann. indipendenza India



“If we could change ourselves, the tendencies in the world would also change. As a man changes his own nature, so does the attitude of the world change towards him. …
We need not wait to see what others do.”







Se potessimo cambiare noi stessi, le tendenze nel mondo cambierebbero di conseguenza. Come l'uomo cambia la propria natura, così cambia l'attitudine del mondo nei suoi confronti.
Non abbiamo bisogno di aspettare per vedere cosa fanno gli altri.




Mahatma Gandhi

Perché proprio questa canzone ? Il ritmo mi piace, l'alternanza degli artisti è un melodico fluire, che mi mette allegria.

Ho iniziato a conoscere l'India negli anni sessanta, quando mia madre sarta, confezionava i capi ascoltando la vecchia enorme radio Telefunken ed una sera in cui giocavo vicino a lei, davano una commedia che narrava la vita di Gandhi. Le parole il racconto drammatico ed il dolore per la morte del Mahatma mi colpirono molto e chiesi a mamma ulteriori spiegazioni, andando poi sull'enciclopedia IL MILIONE a vedere e leggere altre curiosità di quel lontano Paese.

Poi ci fu il film appassionante Il Giro del Mondo in 80 giorni con uno splendido David Niven ed una giovanissima Shirley MacLane a riavvicinarmi a quei posti fiabeschi ed in seguito la moderna serie di Sandokan, ispirata da Salgari con la descrizione delle giungle Indiane, dei palazzi fastosi dei marajah.


Tutto fu sopito nell'adolescenza con gli anni di piombo, ma con la mia assunzione nel  1974 riscoprii di nuovo l'India. Dapprima attraverso i telegrammi cifrati che le nostre corrispondenti inviavano con offerte o risposte ai nostri ordini. La corrispondenza per via aerea era all'ordine del giorno, sulle buste bellissimi francobolli facevano mostra di Gandhi, Indira, paesaggi e prodotti Indiani. Aprirle era un dramma, perché la colla era talmente sigillante, che spesso la busta era appiccicata alla leggera carta da lettera o si rischiava di tagliare non solo il bordo, ma anche una parte della lettera. Poi i telegrammi diradarono iniziò l'era del telex e  nel giro di un anno tutti gli Indiani comunicavano con noi direttamente: era una specie di Skype ante-litteram, dove si colloquiava scrivendo a macchina (invece che a voce) ed essendo in contemporanea si poteva  portare avanti una trattativa durante una trasmissione che poteva durare quanto si voleva, un paio di minuti come anche molto di più. Ovviamente le distanze dettavano il costo della trasmissione. Dall'avvento del telex, la corrispondenza cartacea fu limitata ai puri contratti originali ed alle copie dei documenti d'imbarco. Le distanze ed i tempi si erano accorciati, mentre al telefono ci vollero 5  anni prima che la teleselezione Italiana fosse automatizzata e non si dovesse passare per il centralino delle chiamate intercontinentali (il 15) al quale eravamo costretti comunque a fare numerosi solleciti prima di  ricevere la linea!

Sfogliando i codici per tradurre i telegrammi cifrati, usati per scongiurare la concorrenza e lo spionaggio commerciale, la mia giovane mente fervida correva ad immaginare dando ai loro volti una dimensione fisica, ma tutto era ancora lontano.

Nel 1976 due nostre grosse mandanti bloccarono la loro collaborazione : era morto il patriarca e i due fratelli avevano avuto un diverbio a colpi di pistola per l'eredità! Uno era finito in prigione per aver sparato al fratello maggiore: ovviamente non lo aveva colpito, il gesto era stato una mera simbolica presa di posizione. Ci fu una causa, il magistrato bloccò i conti di tutte e due le ditte, che per anni rimasero congelati. Ma in pochi mesi i fratelli fondarono due nuove società e ripresero gli affari. I due fratelli vennero separatamente in Italia e continuarono a venire una volta all'anno ed ebbi modo di conoscerli direttamente. Diversissimi uno alto magro capelli bianchi, l'altro leggermente più basso, tarchiato con i capelli neri placcati dal gel. Nulla faceva trasparire la violenza tra i due nei loro modi da gentlemen anglo-indiani  

Tra i due litiganti il terzo gode ed in quel tempo emerse un nuovo partner commerciale. La ditta era sorta nel 1865, copriva tantissimi articoli commerciali: carne di bufalo, piselli, ceci, frutti di mare e pesci congelati, spezie, frutta e verdura secca e conservata, pellame, grasso animale e recentemente hanno introdotto i prodotti congelati ed aperto anche una linea di alimenti per animali e confezioni di cibo precotto in buste per la vendita al dettaglio. Aveva due enormi edifici a Mumbai (Bombay), ma il loro reparto caffé era ancora poco affermato in quanto decentrati rispetto alle zone di produzione. Dato che il mercato del caffé   alla fine degli anni '70 aveva preso a salire, crearono una filiale a Bangalore  ed inviarono  negli anni '80 il loro manager per farsi conoscere dai clienti. Mr. N. era di pelle scura, alto sul metro e settanta, magro (allora) , sorridente. Ero andata a bere un caffé alla Portizza e lo trovai davanti al portone dell'ufficio con due valigie enormi e l'ombrello in mano, che poi appese per comodità sulla schiena inserendo il manico nel colletto. Lo vidi smarrito e gli chiesi se venisse a trovare noi: una fila di denti bianchissimi gli illuminò il volto ed entusiasta per averci finalmente trovato mi seguì pimpante nel grande ingresso, all'ascensore fino al nostro ufficio.

Quello fu uno dei tantissimi viaggi che il signor N. fece, perché lo ripetè ogni anno, come costume tra tutte le società Indiane che intrattengano rapporti commerciali con importanti clienti all'estero. Questo serve loro per raccogliere eventuali spunti per migliorare non solo il raccolto, ma anche il servizio al cliente. L'Indian Coffee Board, che regola tutt'ora i termini e le regole per l'esportazione del caffé Indiano e controlla  tutti i produttori, gli esportatori, fungendo da organo di riferimento anche per gli importatori nel dirimere le contestazioni ed i reclami commerciali,  fu il primo organismo governativo di un Paese Produttore che si convinse dell'importanza del controllo qualità e del suo miglioramento. Istituì già negli anni '80 un ufficio ad hoc per la supervisione e la degustazione della produzione, nonché dei campioni respinti dai clienti per valutare come poter migliorare la qualità. A capo una donna, elegante, i tratti molto fini, magra le mani affilate, il sorriso dolce e sereno. Negli anni si affrancò dal CBI ed ora gestisce un proprio laboratorio che le grandi case torrefattrici usano per avere la certezza di ricevere un prodotto di qualità. Ha combattutto e vinto il cancro, ha due figlie e ringrazia sempre la madre che le ha potuto permettere di portare avanti il suo lavoro.
Ma il racconto più suggestivo e pittoresco dell'India moderna, me lo diede il capo ufficio acquisti di un nostro cliente torrefattore, che andò dal 1995 fino al duemila nell'ufficio del sig. N. per concordare e seguire un contratto a lungo termine di fornitura. Mi raccontò che l'ufficio di N., pur  appartenendo ad una delle più grandi ditte esportatrici dell'India  in realtà a Bangalore consisteva in una stanza/magazzino a pian terreno pieno d'impiegati e che data la confusione e l'affollamento lui aveva spiegato alla figlia di N., che fungeva da segretaria al padre, in cosa consisteva la cernita dei chicchi difettosi da parte della sua ditta, usando come "tavolo" il marciapiede con un cartone sopra: ne rimasi stupita, ma non tanto quando lessi "La città della Gioia". Non crediate che i volumi di vendita all'epoca fossero limitati! La succursale di Mr. N. era diventata la prima esportatrice Indiana dopo circa un decennio imbarcava da sola a stagione 600.000 dei 5 milioni di sacchi prodotti in India. Il meccanismo è di raccolta del caffé nella loro stazione di lavorazione del prodotto affluito da vari produttori. Dopo la selezione, vengono riempiti i sacchi e portati in camion fino al terminal container di Cochin oppure -in stagione di monsoni- di Madras. Qui vengono caricati in containers che su piccole navi feeder arrivano a Ceylon dove vengono trasbordate sui grandi piroscafi di linea. 

Ma se da una parte alcune strutture Indiane erano discutibili, le telecomunicazioni lavoravano meglio delle nostre ed anzi ho visto sempre i manager Indiani con apparecchi migliori dei nostri :  il primo Galaxy Samsung l'ho visto in mano ad un Indiano (figlio di quello che aveva sparato, di cui sopra :), quando da noi appena se ne ipotizzava la futura vendita. 

Tutte le ditte Indiane quando sposavano i figli, ci inviavano le partecipazioni di nozze. Uno tra i più prestigiosi inviò  il biglietto  per DHL con una  scatola (35x10x35cm ca.) di legno di sandalo ed altre essenze di colori diversi, piena di dolcetti tipici Indiani. Fummo deliziati dal contenuto, che per soddisfare la nostra curiosità il mio vecchio titolare e mentore, divise con tutte con noi impiegate (negli anni '90 eravamo 4). Dolcetti al cocco, all'anacardo, ai pistacchi, alle mandorle, legati con fili finissimi e regolari di zucchero caramellato, pasta di mandorle ed altro erano deliziosi e portavano un sapore nuovo nella nostra esperienza.


Ma questa è storia "moderna" : quando io iniziai a lavorare nel 1974 l'esportazione del caffé Indiano in Italia era un segmento minimo.
La maggior parte della produzione Indiana, in quegli anni, andava al loro più grande compratore l'URSS, che resta tutt'ora un partner importante, tanto che nelle pagine web dell'Indian Coffee Board ne troverete una dedicata solamente alle regole con le limitazioni e le specifiche di qualità ammesse per l'esportazione in Russia!
Negli anni sessanta, settanta ed inizi ottanta erano in voga gli affari "barter", dove i produttori effettuavano un mero scambio commerciale : caffé in cambio di macchinari industriali od altri semi-lavorati di cui erano all'epoca sprovvisti. Ci vollero decenni dopo l'indipendenza per l'India sebbene nelle liste dei paesi Non-Allineati, per affrancarsi dal colosso sovietico a loro vicino.

Ma una delle maggiori peculiarità del mercato Indiano resta il caffé Monsonato. Il caffé come ben sapete è un alimento igroscopico : ha la capacità di assorbire l'umidità in modo istantaneo. Famose erano le frodi sul peso di partenza : alcuni filibustieri facevano versare secchi d'acqua  sul pavimento dove stazionava il camion carico di caffé prima della partenza la sera prima. La pesata al mattino era maggiore per l'esposizione all'umidità. Quando il camion arrivava bastavano un paio di giorni perché l'umidità svaporasse ed il compratore si trovava con un calo peso eccedente quello naturale. Ne beneficiavano i venditori che si facevano pagare sul peso di partenza.

Ma per l'India questa particolarità organolettica del caffé fu l'incentivo a ricreare con cognizione di causa una situazione naturale. Con il blocco del Canale di  Suez nel 1956 le navi mercantili dovettero circumnavigare l'Africa. All'epoca i sacchi di mercanzie venivano imbarcati alla rinfusa nelle stive delle navi ed erano alla mercè del tempo atmosferico: le temperature tra i Tropici e l'Equatore facevano si che assorbendo l'umidità i chicchi si ingrossavano e scolorivano, acquistando un sapore particolare. Fatto sta che alla riapertura del Canale di Suez il viaggio più corto non favoriva  più tale cambiamento nel caffé, ma la richiesta rimase e venne sollecitata da parte di parecchi torrefattori affezionati al gusto che la bevanda prendeva: più morbido e cioccolatoso.
Gli Indiani si accorsero, che lo stesso fenomeno incorreva nel caffé che restava sulla costa al tempo dei monsoni: pensarono allora far stazionare appositamente alcuni quantitativi di caffé sulla costa facendo acquisire ai chicchi la caratteristica gonfiatura e sbiadimento che precedentemente si otteneva durante il lungo viaggio in mare. Nacque così il caffé Monsonato. 

Però la gran parte del raccolto, non ancora venduto,  veniva trasferito dalla costa (Mangalore) alle alture (Bangalore) per evitare la degenerazione del caffé. Ed è a Bangalore che gli esportatori si stabilirono a partire dagli anni '80 per evitare i monsoni, in quanto aumentando la produzione e l'esportazione verso altri paesi consumatori, non essendo più tanto legati alla fornitura all'URSS, dovettero diluire le vendite nel corso di più mesi. Si era infatti affermato uno dei più grossi Paesi Produttori: il Vietnam, che dopo la pace di Parigi ebbe uno sviluppo commerciale talmente ingente da diventare in meno di un decennio uno dei più grandi produttori di caffé e per la competitività dei prezzi e la necessità di sviluppo industriale per acquisire semi-lavorati ebbe accesso anche al mercato sovietico.

Attualmente il Vietnam è il secondo Produttore mondiale con 1.279.500 tonn./anno, a fronte della produzione del  Brasile, che è il primo,  con 1.785.175 tonn./anno, mentre l'India ne ha solo 340.660 tonn.

Ma come nasce la coltivazione del caffé in India? Narra la leggenda che il monaco Bababudan volle far partecipi i suoi connazionali del beneficio della bevanda durante la meditazione e portò con se dallo Yemen 7 chicchi di caffé che furono piantati in 7 zone dell'India che divennero altrettanti distretti di caffé.

In realtà le sette zone hanno peculiarità ben precise, date dalle differenti condizioni di terreno e di coltivazioni vicine a quelle del caffé e date dallo sviluppo in tazza delle diverse varietà (la Kent, la migliore, che si coltiva anche in Kenya ed in Jamaica, la S.795, una derivazione dalla varietà Kent, prediletta per il particolare aroma dai produttori di caffé arabica, la Sln.9 -selection 9- una varietà nata dall'arbusto Tafarikela dell'Etiopia (di cui mantiene la caratteristica dominante nell'aroma di tazza) con l'ibrido di Timor (arbusto molto resistente alle malattie ed alle avversità atmosferiche), ed il Cauvery o Catimor, ibrido tra il Caturra bourbon e l'ibrido di Timor, che in questo innesto ha la meglio, dando una tazza leggermente inferiore rispetto agli altri, ma con il pregio di aver reso la varietà molto resistente alle malattie).

Per 400 anni la coltivazione del caffé è stata un continuo evolversi ed espandersi.  Mentre in alcuni paesi per mancanza di mezzi (Ethiopia, Indonesia ecc) le coltivazioni sono rimaste parte integrante della foresta pluviale, in altri Paesi più progrediti s è preso a coltivare i campi completamente spogli solo a caffé. Nel corso degli anni gli agronomi si sono resi conto che la foresta pluviale forniva un microcosmo ecologico che proteggeva gli arbusti di caffé. Inoltre in alcuni Paesi come il Salvador dove le piantagioni sono state ripiantate sulle falde degli altissimi vulcani, hanno avuto la necessità di essere protette dai venti che soffiano e per questo i coltivatori hanno accerchiato le coltivazioni di caffé con altissimi alberi di leguminose.
Ha preso piede così la famosa "coltivazione all'ombra". Gli Indiani presero immediatamente atto della convenienza di preservare il terreno dall'erosione e ridurre l'impatto biologico di una deforestazione del territorio, ma volendo mantenere le piantagioni di caffé  non solo hanno intensificato le coltivazioni all'ombra dei grandissimi alberi nella giugla esistente, ma l'hanno creata dove era stata estirpata. Il Caffé è quasi totalmente affiancato ad altre coltivazioni, diverse di regione in regione, e nel rispetto dell'equilibrio naturale  diminuendo l'uso dei pesticidi. Inoltre favorendo la fertilizzazione naturale, sono riusciti ad eliminare quella chimica.  Eccone una foto dal web.

Nelle varie regioni a seconda dei raccolti affiancati il gusto del caffé prende varie caratteristiche organolettiche che identificano il distretto di produzione proprio per l'aroma speziato o fruttato.

Il fogliame che vedete arrampicarsi sui tronchi degli alberi, altro non è che la pianta del pepe.
Nei primi anni del 2000 il Coffee Board ha emesso un video, e guardandolo ho scoperto che le coltivazioni di caffé Indiano fanno rivivere l'India di Kipling, specie durante il raccolto con file di donne nei loro coloratissimi sari al lento ma costante ritmo scandito dal loro canto melodioso. E guardando questo quadro sembra che il tempo si sia fermato ed è una gioia perdersi lasciandosi cullare dal loro canto che cadenza i gesti ed i passi, ripetuti da centinaia di anni, stagione dopo stagione, anno dopo anno, come un rito antico e pieno di poesia.

Qui invece vi presento un breve e recente filmato del Coffee Board of India, che ho trovato in youtube, dove un Italiano, Mario, viaggia di regione in regione alla scoperta delle varie qualità di caffé, potete leggere brevi cenni sul territorio e seguire le spiegazioni (per chi conosce l'inglese) del Coffee Swami (spirito del caffé) rappresentato da un chicco di caffé tostato vestito del copricapo e del costume caratteristico della zona in cui fa da guida al giovane. Il video è talmente elementare da risultare puerile e fa sorridere, ma vi farà scoprire qualcosa di più su quel  meraviglioso alimento, che tutti chiamano "caffé" ma di cui solo noi Italiani abbiamo saputo estrarre il meglio con vero piacere!

Scusate la lunga digressione ed il saltar di palo in frasca, ma l'argomento dopo 36 anni mi emoziona ancora ed essendo stato parte integrante della mia crescita e della mia vita, ogni volta mi fa perdere di vista ogni misura... chiedo venia!

Buon caffé!


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mercoledì 18 aprile 2012

Nellabrezza : ecco il racconto dell'esodo.

Al solito non sono concisa, ma vorrei rendere ad onor del vero il clima che queste terre hanno vissuto.

Per capire la portata morale e fisica dell’esodo, bisogna risalire alla fine della I Guerra Mondiale con la definizione dei confini, che determinò l’inglobamento di zone di diversa origine nei paesi vincitori. In vari stati sorse un movimento di omogeinizzazione nazionalista a scapito della minoranza etnica, che doveva adeguarsi o emigrare:  in Francia verso i tedesci dell’Alsazia, in Polonia verso i tedeschi della Slesia, in Grecia verso i Turchi,  in Turchia verso gli Armeni, in Italia Mussolini fece la campagna in grande stile con l’italianizzazione dei barbarismi nella lingua parlata, e nei cognomi stranieri (anche nel doppiaggio certi nomi dei film americani fanno sorridere) la proibizione e la chiusura di scuole di lingua slovena e delle case di cultura slovena, nonché serbo croata nell'Istria di cui 60% della popolazione era Italiana il resto era croata, serba e di altre origini. In Jugoslavia (Regno di Serbia, Croazia e Slovenia)la repressione venne a colpire gli Austriaci al confine della Slovenia, ma anche   le altre etnie croate e slovene, in quando la “Grande” Serbia si considerava leader dominante. Fu così che prima della seconda guerra mondiale la persecuzione serbo-jugoslava verso la popolazione croata, vide una pesante azione dei terroristi croati, (cattolici e fascisti), i famosi e terribili ùstascia, che allestirono campi di concentramento, ben prima di Hitler dove furono internati comunisti, ebrei, zingari e serbi.  Le stime dei decessi di questi campi ùstascia secondo Simon Wiesenthal parla di 500.000 serbi uccisi, 250.000 espulsi, 250.00 convertiti al cattolicesimo in modo forzato e di migliaia di ebrei e zingari uccisi.  Ma il generale Tito comprese che la Jugoslavia nella II guerra mondiale doveva stare unita e fu l’unico esponente militare che riuscì a riunire nelle proprie file croati e serbi, anche se gli attriti tra le due etnie erano proverbiali e dovevano agire separatamente.   I campi di concentramento vennero usati  dopo il ’43   per eliminare anche i soldati italiani reclutati  nei territori occupati e di cui alla fine non sapevano come inquadrare dovendo sbandierare il totalitarismo jugoslavo (capirete il perché leggendo in seguito)  le  loro condizioni alla liberazionone nel 1946 furono orribili, ma sono tutte documentate.  Un conoscente reduce raccontò di secchi pieni di occhi umani strappati ai reclusi e tacque il resto!






Dal 1945 al 1946 ci fu quella che fu chiamata “La Grande Corsa verso Trieste”, i militari di Tito fecero una sanguinosissima campagna, terribili furono gli eccidi. L'italianissima  Zara, la perla dell’Adriatico fu distrutta da 54 bombardamenti (!) ,  i Titini uccisero più di 2000 persone nelle foibe durante la sua conquista, dopo la sconfitta della strenua resistenza della mitica  X Mas. All’occupazione seguirono ulteriori rappreseglie e molta gente fu annegata in mare per accellerare l’eliminazione!  Seguirono le sanguinose conquiste di Pola e Fiume,  e le milizie arrivarono  a conquistare ed occupare una bella fetta di territorio inclusa Trieste, sperando di potersela accaparrare anche dopo la Guerra, inglobando nel proprio nuovo Stato gran parte del ricco territorio della Venezia Giulia sede di numerose attività commerciali che avevano nel porto franco di Trieste potenzialità enormi, (PUNTUALMENTE DISATTESE E REPRESSE DAL GOVERNO ITALIANO che tuttora vuole IGNORARE QUALSIASI SVILUPPO, ANZI LO OSTACOLA!)  I Titini non si risparmiarono nulla in quanto crudeltà incluse impalamenti di persone, torture e sevizie inenarrabili,  fino alla morte di migliaia di uomini, ma soprattutto anche di DONNE E BAMBINI e venne da loro stessi documentata!
Fatto sta che  gli alleati arrivarono in regione, entrarono in Gorizia con la legione dei nord-africani seminando terrore anche nella popolazione inerme  con saccheggi, ma soprattutto   un numero impressionante di stupri proprio come si ricorda nella Ciociara! Agl’Inglesi non importava un fico secco della popolazione, mandavano i magrebbini d’avanguardia, basta andare avanti.
Nella contesa delle nazioni, fu creata la linea Morgan,  oltre la quale gli alleati chiesero a Tito di retrocedere, facendo restare l'enclave di Pola (in basso nella penisola Istriana) quale territorio Italiano, perdendo definitivamente Fiume e Zara.
Ma il Generale voleva a tutti costi la parte più ricca quella costiera dell’Istria a ricompensa di Trieste perduta.     Nacque il Territorio Libero di Trieste, fu delineata una zona A, sotto dominio degli alleati ed una zona B, sotto il dominio dei titini. Gorizia venne divisa in due : storica, la casa il cui WC fu murato e rimase nella zona jugoslava. La leggenda narra che il proprietario evacuasse in un giornale e buttasse il tutto oltre il muro! L’involto veniva ributtato nella parte italiana, i locali in un umorismo arguto dissero : non per le deiezioni ma per  la propaganda politica del giornale in cui erano contenute!


Quando nel 1946 il trattato di pace di Parigi fu firmato, le truppe Titine lasciarono Trieste, due ali di folla scortarono  l’uscita  degli invasori e durante il tragitto le  loro divise marron divennero  bianche di sputi che la popolazione lanciava loro addosso!  
A quel punto Tito giocò il tutto e per tutto,  voleva che la zona B restasse per diritto di etnia alla Jugoslavia, nonostante l'evidenza precitata del censimento fatto ai primi del secolo. Egli favorì l’integrazione di serbi e croati nelle zone dell’Istria facendoli migrare, proibì la lingua italiana ed il suo studio nella zona, represse ogni rivolta o sentore di rivolta. Terrorizzò la popolazione italiana dominandola acciochè non sventasse il suo bluff. Vennero indette manifestazioni di massa alla visita delle autorità alleate per dimostrare la preponderanza jugoslava, rosicchiando ulteriori territori ad est. Tutte le imprese commerciali vennero requisite come indennizzo di guerra ed i proprietari, come mio padre dovettero  cedere gratis la proprietà delle proprie imprese, lavorando per mantenerle in attività ma come “stipendiati” con una misera paga per conto del governo jugoslavo. Oltre alla repressione  culturale, continuò la repressione fisica delle foibe,  e tutti ebbero il terrore di parlare anche con i vicini di casa per non incorrere nella delazione. Le milizie titine irrompevano nelle abitazioni civili, requisivano quanto potevano portare via, rompevano ciò che andava loro a genio o non potevano trasportare. Nonno, già malato di cuore, morì a 53 anni, dopo aver subito soprusi ed incursioni nel nostro oleificio e nel nostro mulino da parte dei dominatori titini che requisivano farina e olio  e rompevano orci, squarciavano sacchi di farina, secondo il loro umore.   I contadini nell’allevare e coltivare dovevano vender tutto a loro, ricevendo un quarto del valore di quanto prodotto e chi protestava sapeva che poteva passare per le armi!   
Fu così che dalla fine della guerra molta gente temendo per la propria vita e volendo un futuro migliore per i propri figli,  decise di emigrare nella Zona A, abbandonando case e terre che vennero requisite dai Titini. La diaspora continuò fino intorno al 1957, in Istria quelli che non se la sentivano di andare allo sbaraglio  lasciando case ed averi pur dovendo sopportare il regime ed i nullatenenti, che in cambio dell'occupazione di case e campi abbandonati, erano lieti di dichiararsi “comunisti”, facendo buon viso alla dominazione jugoslava.
Era chiaro che nonostante l’evidenza storica, la politica di Tito nella zona B ebbe successo, in quanto  la NATO aveva tutta la convenienza a  favorire Tito, affinché facesse da cuscinetto politico verso lo spauracchio dell’ Unione Sovietica ed in tale posizione il governo jugoslavo rimase fino all’ultimo per poter rimanere indipendente  vedendo il Generale diventare leader della coalizione dei Paesi Non Allineati!  E con il trattato di Osimo, cassate il termine, l'Italia vendette il nostro "c_lo" in cambio di indennizzi da fame, rispetto a ciò che è stato lasciato!
Fu così che carovane di carri e di genti, caricate con povere cose che era PERMESSO dalle autorità TItine di portare con se, lasciò la zona B per restare Italiana, per mantenere la propria libertà, per garantire ai figli un futuro migliore, tenendo in tasca la chiave di casa, che non avrebbero potuto mai più usare e che molti gettarono in mare, ricominciando con disperazione da zero.
Questo fu l’esodo. Così oltre  270.000 Istriani di origine Italiana emigrò.  Grandi lavoratori si sono distinti in tutto il mondo,  non era gente affamata quella che emigrò:  i furlani che ci accolsero ironicamente ci criticavano considerandoci  “troppo pasciuti per essere vittime!!!” tacciandoci con l’etichetta di fascisti! Perché quelli che uscirono dall’Istria non erano  i morti di fame, era una popolazione attiva,  imprenditori, gente di cultura, ma anche pescatori, contadini, allevatori di una terra e di un mare generosi con chi lavorava sodo!  Per noi il Comunismo era sinonimo di   “foibe”, irruzioni, torture, sevizie, dominazione, fame, morte:  non era il Comunismo che gli Italiani conoscevano,  come nell’Emilia Romagna , ad esempio , che si affermava quale  lotta di classe!  Era terrore allo stato puro!
L’accesso ai confini era tassativamente chiuso, chi lo passava doveva ottenere un permesso speciale e subire una perquisizione fisica, con la requisizione di ogni genere importato o esportato. Per mantenere il numero di "popolazione" e diritto all'acquisizione definitiva del territorio zona B i titini cercavano di dissuadere l'esodo e l'emigrazione. I flussi della diaspora avvennero in date prestabilite.
Mio fratello nel 1953 ad un anno ebbe un eczema molto violento e doloroso, la cura che i medici locali gli davano era talmente forte che appena mamma lo spalmava piangeva a dirotto e faceva pipì per il dolore quanto inadeguata. Ogni volta che sudava era colto da prurito e iniziava a grattarsi fino a sangue, piangendo quando veniva pulito. Mia madre chiese per mesi ripetutamente di poter venire a Trieste, sede di un ospedale infantile per curarlo adeguatamente. Fatto sta che non le accordavano il visto per paura che fosse un pretesto per “scappare”.
Alla fine esausta prese mio fratello e lo portò davanti al commissario di zona Titino in Comune e glielo lasciò sul tavolo dicendo : io non ce la faccio più a sentirlo urlare, a fargli del male con questi rimedi,  fatelo voi se lo potete sopportare e minacciò di abbandonarlo lì seduta stante. Il medico della milizia lo visitò e finalmente fu concesso il visto a loro, con l’avviso che qualsiasi “fuga illegale” avrebbe avuto ritorsioni sulla famiglia di mamma!
Dopo la definizione dei confini la gente iniziò a ritornare per brevi visite nelle terre d'origine a trovare tombe e i pochi familiari rimasti. La mia famiglia era quasi tutta emigrata, ma ogni tanto si andava a trovare un cugino ed a portare i fiori per i morti sulla tomba di famiglia. Era tale il clima in casa mia  in quelle occasioni, che ogni volta che si passava la dogana l'ansia ed il terrore dei miei genitori era palpabile come una pesante cortina di piombo. 
Solo dopo Schengen alla fine degli anni '90 i confini con la Slovenia sono stati aperti e mi trovo a mio agio in una terra che comunque non era nostra. La nostra casa è in territorio Croato e sono anni che non ci vado!

Questo è stato il nostro esodo: io sono nata 11 giorni dopo e mamma mi raccontava di come era talmente depressa e prostrata in quei giorni d'attesa di aver avuto più di una volta l'impulso al suicidio, ma solo il pensiero di abbandonare mio fratello di 5 anni la bloccò. Il resto, la dura china d'inserimento in una società che già provata dagli stenti della guerra ci vedeva "stranieri/mangia pane" nella nostra stessa patria è un altro doloroso capitolo



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domenica 1 aprile 2012

Venezia Giulia

Ho trovato in un periodo la seguente cartina geografica, che vi può dare un'idea dell'estensione della Venezia Giulia. 

Il territorio di Gorizia ocra e Trieste in marron sono le provincie in Territorio Italiano. Il territorio in bianco è la parte del retroterra Goriziano e Triestino  italiano prima della II Guerra Mondiale, ceduto alla Jugoslavia con il trattato di Pace del 1947. La parte in rosa sono terre che dovevano essere restituite all'Italia, ma che con presa di posizione di Tito sono  state definitivamente cedute nel 1975 e lì dentro c'era anche la casa dei miei genitori e le terre dei miei avi. 

In questa regione si trovano bellissimi gioielli di città e paesi di storia antica. Qui il territorio era dominato dagli Illiri e dagli Histri, all'epoca dei castellieri,  sulle cui vestigia i Romani costruirono Castrum e ville che poi svilupparono in paesi. In seguito il territorio prima sotto la dominazione della Repubblica marinara di Venezia, che vi trovò nuovo terreno di espansione anche commerciale essendo un punto di raccordo con l'oriente, l'Istria   fu assorbita dall'Austria come Margraviato d'Istria, poi con la I Guerra Mondiale divenne definitivamente Italiana, fino alla II Guerra Mondiale.

Qui potete trovare 
* Umago, antico castrum romano, ha come simbolo le torri sormontate dal Leone di San Marco che la dominò dal 1797,
* Pirano , la patria di Giuseppe Tartini colonia di rifugiati aquileiesi scampati agli Unni
* Capodistria , patria di Nazario Sauro, Pier Antonio Quarantotti Gambini, Bruno Maier, don Edoardo Marzari, Gian Rinaldo Carli, il vescovo Pier Paolo Vergerio, e tantissimi altri!
* Dignano, castrum romano, borgo medioevale con le caratteristiche calli strette e la più grande Chiesa d'Istria il Duomo, che custodisce una collezione di mummie, chiamata dal popolo "i corpi santi" tra cui le spoglie miracolosamente conservate di San Sebastiano, Santa Barbara ed il corpo di Santa Nicolosa, morta a Venezia nel 1512 e considerata la mummia meglio conservata d'Europa,
* Pola, dalla storia tormentata, una delle poche città Istriane con un antico anfiteatro romano, patria di Laura Antonelli, Giovanni Arpino, Gianni Brezza , Sergio Endrigo, Gino Piva, Rossana Rossanda, Alida Valli e tanti altri,
* Fiume patria di Giovanni Palatucci , funzionario di polizia "giusto tra le nazioni", il linguista Giovanni Frau, il politico Leo Valiani, gli atleti Abdon Pamich (marciatore), Ezio Loik,Antonio Vojak, Rodolfo Volk, i fratelli Mario Varglien e Giovanni Varglien, Marcello Mihalic e Giovanni Udovicich(calciatori), Giovanni Cucelli e Orlando Sirola (tennisti), la regista Luciana d'Asnasch Veschi, la scrittrice Marisa Madieri, il poeta Valentino Zeichen, il giurista Danilo Zolo, il narratore Diego Zandel, lo scrittore e politico Sergio Travaglia.
* Buie, dove sono nati Silvio Vardabasso, geologo e membro dell'Accademia nazionale dei Lincei, Carlo D'Ambrosi, geologo e farmacista, Giuliano Piccoli, geologo, Cesare Augusto Seghizzi, musicista, compositore e direttore di coro, Giuseppe Tessarolo, musicista, Ernesto Vidal, calciatore, medaglia d'oro con l'Uruguai nel 1950
* Verteneglio, costruito su un antico castelliere preistorico, citato per la prima volta nel 1234, con l'antico nome Ortoneglo o Hortus Niger, ovvero orto di terra nera; nel territorio vi sono vari antichi castellieri (costruzioni più grandi dei nuraghi sardi ma della stessa epoca), Verteneglio con 
* Grisignana sono le due città che hanno la maggior percentuale di italiani, fieri della loro cultura ed origine!
* Rovigno, che ha visto i natali di Silvano Abba, pentatleta e militare, Femi Benussi, attrice, Pino Budicin combattente partigiano, Renato Dionisi, compositore, Antonio Gandusio, attore e capocomico, Giovanni Quarantotti patriota e storico della letteratura, Antonio Santin, arcivescovo di Trieste, Pietro Santin, ex allenatore e giocatore di calcio, Ligio Zanini, poeta.

Ecco perché ancora piangiamo la nostra Patria Perduta!



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sabato 11 febbraio 2012

El porco de Sant'Antonio (Abate)

Le cronache narrano che a Muggia, un paesino vicino a Trieste, poco distante dal confine con la Slovenia Istriana, per il periodo di Carnevale, festa molto sentita in questo paese, era in vigore fin dai tempi antichi  "L'ASTA DEL PORCO DI S. ANTONIO" . A Muggia c'era una chiesa dedicata a Sant'Antonio Abate (ora demolita), che come saprete è il protettore dei malati appunto del "Fuoco di Sant'Antonio",  (herpes zoster) e degli animali domestici. Il suo campanaro  acquistava il 6 dicembre un porcellino al quale veniva mozzata un'orecchia e bipartita l'altra a titolo di riconoscimento. Munito d'una campanella al collo il maialetto girava libero per le contrade della cittadina, affettuosamente protetto dal popolo che a turno provvedeva a nutrirlo. Ma di Carnevale, al giovedì grasso,  veniva ucciso e le sue carni  messe all'asta sulla piazza principale. Il ricavato della vendita  veniva impiegato per acquistare i ceri da donare a Sant'Antonio.

Che barbara usanza vi verrà da dire ?  ma cosa c'entra il maiale davanti a Sant'Antonio nelle sue rappresentazioni?

Dovete sapere che  Sant'Antonio l'eremita, nato in Egitto, si ritirò in eremitaggio nel deserto della Tebaide e del Mar Rosso,  resta famoso  con le tentazioni che il diavolo gli mandava (come fuoco ardente). Ma nonostante tutto nel suo isolamento spesso riceveva la visita dei popolani che gli chiedevano consiglio ed aiuto. Anche l'imperatore Costantino e suo figlio si recarono a rendergli omaggio e  Sant'Atanasio chiese il suo aiuto per esortare i cristiani a restare fedeli al Consiglio di Nicea. Il popolo distrusse le rovine dove viveva per farlo uscire dal suo isolamento ed allora egli operò miracoli e guarigioni. Dopo di chè si ritirò di nuovo e morì ultracentenario.

Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un pellegrinaggio nel tempo, da Alessandria a Costantinopoli, fino in Francia nell’XI secolo a Motte-Saint-Didier, dove fu costruita una chiesa in suo onore.   In questa chiesa arrivavano folle di malati, soprattutto di ergotismo canceroso, causato dall’avvelenamento di un fungo presente nella segala (segala cornuta), usata per fare il pane.
Il morbo era conosciuto sin dall’antichità come ‘ignis sacer’ per il bruciore che provocava; per ospitare tutti gli ammalati che giungevano, si costruì un ospedale e una Confraternita di religiosi, l’antico Ordine ospedaliero degli ‘Antoniani’; il villaggio prese il nome di Saint-Antoine di Viennois. Il Papa accordò ai frati  il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade, nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento.
Il loro grasso veniva usato per curare l’ergotismo, che venne chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio” (herpes zoster); per questo nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi fu considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla.


Ricordo ancora il porcellino davanti a Sant'Antonio nel quadretto appeso nella stalla di mio nonno e dei miei zii,   sopra la porta d'entrata. Da piccola mi avevano insegnato che prima di entrare nella stalla di qualcuno, specie la prima volta, era buona educazione che mi fermassi sulla porta e che dicessi con reverenza la formula abituale " Buona Fortuna" alla quale il proprietario rispondeva sempre sorridendo "che Dio daghi" (che Dio ti ascolti!), solo allora potevo sentirmi autorizzata ad entrare!



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giovedì 9 febbraio 2012

Bunker Roy ed il Barefoot College


Per chi non conosce la lingua inglese, riassumo brevemente il succo della presentazione.

Dopo aver concluso la sua istruzione in uno dei più esclusivi college Indiani, Bunker Roy decise di fondare un College per i poveri dove gli insegnanti imparassero dagli alunni e viceversa. Il suo sogno era di utilizzare le conoscenze tradizionali piuttosto che la "conoscenza imparata sui libri"  

Quindi le materie che si studiano in questo College sono basilari sistemi di vita per sfruttare il proprio territorio per creare un benessere ecosostenibile, sopperendo alle prime necessità della popolazione.   La gioventù rurale selezionata dalla comunità vive in maniera spartana e segue le regole del Grande Mahatma Ghandi, nutrendosi a malapena di un pasto al giorno, studiando per terra, dormendo per terra, per ricevere la formazione a Barefoot College. Anche i bambini partecipano alla scuola, nel turno notturno, perché di giorno devono accudire agli animali delle loro famiglie. Per insegnare ai più giovani la democrazia, Roy ha istituito ogni 4 anni un'elezione democratica, dove tutti i bambini scelgono il primo ministro, che ha il suo gabinetto di ministri al seguito e svolgono la loro funzione con serietà e convinzione.  

Con un quasi architetto, che nell'occasione non si mise in "cattedra" ma collaborò alla costruzione degli edifici seguendo le indicazioni dei vecchi del villaggio per costruire il Barefoot College, in cui  Bunker Roy ha stabilito una comunità attiva.  Il Barefoot College ha formato più di 3 milioni di persone per posti di lavoro nel mondo moderno, in edifici costruiti in modo rudimentale, con pavimenti di terra battuta e senza sedie.

La regione che aveva scelto era brulla e tutti lo avevano deriso circa le sue pretese di far crescere la vegetazione: lui prese un anziano del luogo e  chiese al vecchio cosa può crescere in questo luogo? La vegetazione che vedete è cresciuta secondo le indicazioni del saggio.  Il College ha un eco-sistema di raccoglimento delle acque piovane che non si asciuga mai. Inoltre è alimentato totalmente dai pannelli a luce solare.

Il progetto più prestigioso è  quello  di coivolgere le donne, le "nonne" : nel filmato chiede, qual'è il mezzo per diffondere più rapidamente ed in modo esteso una tecnologia ? Televisione? no,  Telegrafo? no, Telefono? no, Tell to a woman : DILLO AD UNA DONNA.  Nel loro senso pratico le donne hanno la capacità di assorbire informazioni e tradurle in FATTI, tanto che non solo il villaggio è dotato d'illuminazione con lampade costruite dalle donne, alimentate dai pannelli, ma esse hanno creato un sistema sofisticato di specchi solari, che farebbero invidia ad Archimede, per cucinare i pasti di migliaia di persone!

Bunker Roy ha esportato la sua idea, prima in Afganistan chiamando le donne ad imparare dalle donne di Barefoot come costruire un sistema di elettricità solare e diventare ingenieri solari nella realtà illuminando i loro villaggi.  Spesso le donne erano frenate dagli uomini, in quanto i mariti erano restii a lasciare che le loro mogli si trasferissero per l'istruzioni al Barefoot College, quindi anche loro furono ospitati. Ma solo le donne furono addestrate, perchè si sà -di Bunker Roy- le donne sono più intelligenti !

In 6 mesi di training le donne continuavano a parlare a gesti, anche perchè di nazionalità diverse, non riuscivano a comunicare per diversità di lingua, ma il linguaggio del corpo ha permesso a loro di imparare e portare nei loro paesi di origine la loro esperienza, illuminando i loro villaggi  con impianti solari e creando nuovi centri di addestramento.

Nella Sierra Leone, riuscì a vincere l'ostruzionismo di un marito, che la donna anzi la "nonna" che voleva istruire seguiva supinamente:  riuscì a far addestrare la donna e dice di lei, che era partita come "nonna" ed era tornata trasformata in una "tigre". Di ritorno parlando con lei le chiese dove fosse il marito, lei gli rispose : oh lì da qualche parte, non importa! 

Il filmato finisce con la massima  : Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono.   Poi vinci. (Mahatma Gandhi)

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domenica 5 febbraio 2012

Bollettino dal fronte orientale ; D

Finalmente la Bora (almeno per il momento) è cessata: spira sempre un vento da NE di 40 km/h, mentre la Bora è ENE (un vento di Greco). Stendhal diceva Fa bora due volte alla settimana e cinque volte vento forte. Dico vento forte quando si è costantemente occupati a tenere stretto il cappello e bora quando si ha paura di rompersi un braccio. 
Finalmente i termosifoni sono caldi, ma non ustionanti.
Finalmente per strada c'è silenzio e non si sente più vibrare e sbattere dai refoli.
Finalmente cerco di riprendermi una stabilità che nei giorni scorsi faticavo a raccogliere.
Bevo il mio amato caffé e mi rilasso!

Chiudo l'argomento Bora con uno stralcio letterario da "Il ritorno del padre",  di Giani  (si con una sola N!) Stuparich, che descrive la Bora e da cui capirete il perché i Triestini la amano.
"
(...) Bisogna vederla nascere. Qualche anno fa, di febbraio, ebbi l'occasione d'assistere alla sua venuta. L'aria era annebbiata e sonnolenta; dalla riva, dove mi trovavo, la città sembrava vecchia sotto un velo uniforme di stanchezza; i moli, piú che protendersi decisi nel mare, sembravano emergere fiacchi e galleggiar su di esso come degli zatteroni sul punto di sfasciarsi; la collina era grigia ed opaca.
Improvvisamente l'orlo della collina cominciò a rischiararsi; la tenda nebbiosa là sopra si sollevava, si slabbrava, mostrando una striscia di ceruleo intenso, come l'apertura d'un mondo rinnovato. Non capivo da principio; ma poi quando vidi la nebbia sopra la città addensarsi, rotolare e sparire, quando vidi il mare pulirsi e sentii fremere intorno a me l'aria, giungendomi alla pelle un piacevole frizzio e alle nari un fresco e leggero odore di sassi e di pini, allora capii che cos'era. Nasceva la bora. Si profilava sul ciglio dei colli e poi d'un balzo era giú, sulla città e sul mare. Le case acquistavano corpo, si tergevano, s'avvicinavano; i moli liberavano le loro sagome forti e squadrate dal velo tenero della nebbia; nei bacini l'acqua del mare prendeva colore e moto. Una freschezza, un ringiovanimento da per tutto. (...)

Vi cito anche la biografia dell'autore, perchè è stato uno dei più illustri cittadini di Trieste e merita di spendere un paio di minuti per conoscerlo un po'.

Nasce a Trieste da madre triestina (Gisella Gentilli) e padre dell'isola di Lussino (Marco Stuparich). Frequenta l' Universitò di Praga, ma dopo un anno con altri intellettuali triestini, tra cui Scipio Slataper, va all'Università di Firenze dove si laurea in letteratura italiana con una tesi su Niccolò Machiavelli.  Nel 1915 è volontario nella I Guerra Mondiale con il grado di sottotenente dei granatieri di Sardegna sempre assieme con il fratello Carlo e l'amico Scipio Slataper.  Combatte sul Carso viene ferito due volte, prigioniero è internato in 5 campi di concentramento austriaci.  Medaglia d'oro al valore militare. Nel 1918 ritorna a Trieste e sposa Elody Oblath. Insegna italiano al liceo Dante Alighieri dal 1921 al 1941. Rifiuta la tessera del partito fascista  e non prende parte ad alcuna manifestazione. Nel 1944 viene internato  a seguito di una delazione, assieme alla moglie ed alla madre nella Risiera di San Sabba (unico campo di sterminio nazista su suolo italiano -purtroppo-) ma viene rilasciato per intervento del vescovo Antonio Santin e del prefetto di Trieste. Nella Resistenza Italiana fa farte del Comitato di Liberazione Nazionale. Nel 1946 fonda il Circolo della Cultura e delle Arti.  Nel dopoguerra alterna la professione di giornalista (La Stampa, Torino 1931-1955; il Tempo, Roma 1054-1960) a quella di scrittore impegnandosi politicamente sia in conferenze e dibattiti, che a presentazione e convegni letterari in onore a scrittori celebri per impegno politico e civile, tra questi i suoi amici di sempre : Umberto Saba, Virgilio Giotti, Biagio Marin, Piero Calamandrei, Guglielmo Reiss Romoli. Muore a Roma il 7 aprile 1961.
Riposa al cimitero di Trieste sepolto con il fratello Carlo in una tomba sovrastata da  semplici, scarni, ma possenti monoliti di pietra carsica.

Delle sue opere  L'Isola, portata in televisione da Pino Passalacqua  nel 1979, viene considerato da molti critici come le più belle pagine del Novecento ed anche il suo capolavoro. Ma quella che ha avuto maggior diffusione, essendo testo adottato nelle scuole dal 1977, è    "Un anno di scuola"  (1929)  trasposta in film per la tv dal regista triestino Giraldi , di cui passo un breve frammento.

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venerdì 6 gennaio 2012

Oro, Incenso e Mirra

Recentemente ho frequentato con molto entusiasmo   un corso sugli olii essenziali, che mi ha   aperto la mente su un mondo affascinante. Penserete, che c'azzecca con i doni dei Re Magi? Ve lo spiego.

Dei tre elementi l' ORO è un metallo nobile, si sa che rappresenta il "potere materiale" essendo dall'antichità simbolo dei Re e del potere temporale.  Nella medicina l'Oro, sotto forma di oligoelemento, è energetico,  usato nella cura dell'artrite reumatoide, il suo isotopo radioattivo viene impiegato in alcune terapie anti-tumorali.

L'Incenso e la Mirra sono invece delle resine:

l'Incenso dall'arbusto Bowellia cartherii,

la Mirra dalla Commiphora Mirrha.


Provengono dalla stessa regione mediorientale e venivano largamente usate in antichità per le loro proprietà terapeutiche.

Nel simbolismo l' INCENSO era l'essenza regina nell'adorazione delle "divinità", apre l'anima alla meditazione ed alla consapevolezza del proprio io, aiutando a realizzare le proprie aspirazioni spirituali.

L'Incenso agisce in modo netto a stati d'ansia di depressione, ansia ed angoscia. Usato come empiastro per curare le affezioni polmonare e il fumo riconosciuto come anticatarrale, è utile anche per le affezioni dell'apparto uro-genitale. Digestivo. Purificante e tonificante per la pelle, ne previene le rughe e coadiuva nel trattamento di macchie e cicatrici. Agisce sul quadrante inferiore del nostro corpo, il suo profumo ha una nota di base. Massaggiato sulla colonna vertebrale, sui muscoli ed i tendini è energizzante.

La MIRRA simboleggia l'unzione di Cristo, utilizzata nell'imbalsamazione e quindi alla morte,  in questo caso  rappresenta l'espiazione dei peccati tramite la sofferenza e la morte corporale presagio della Sua capacità di risorgere.

La leggenda narra che Afrodite, adirata per la  scarsa devozione che Mirra o Smyrna, una giovane bellissima, le dedicava, la punì facendola innamorare del padre, Teia re di Cipro. Mirra trovò il modo di giacere con il padre per ben 12 notti, prima che questi, volendo vedere il volto della meravigliosa amante, accendesse un lume e restasse agghiacciato dall'inganno: trasformato il piacere in ira  la inseguì per ucciderla. La giovane chiese aiuto agli dei, rendendola invisibile ed essi la trasformarono in una pianta, quello della mirra appunto, le cui lacrime di disperazione si concretizzarono in una profumatissima resina amara. Dopo nove mesi la pianta si aprì e nacque Adone. Il mito di morte e resurrezione, viene continuato dal figlio che morente, azzannato da un cinghiale durante una caccia, feconda con il suo sangue la terra e rinasce ogni primavera come la vegetazione. 

La Mirra ha una forte azione regolatrice del sistema endocrino, massaggiata sulla parte inferiore del collo è indicata nell'ipertiroidismo. Negli unguenti è ottima per guarire tutte le affezioni della pelle. In colluttorio è riparatrice nelle affezioni della gola e nelle infezioni dei denti. Frizionata sul torace è indicata per tutte le infezioni polmonari, sull'addome per tutte le infezioni intestinali.

Mentre l'Incenso ha un profumo ricco di monoterpeni (esplicano un' attività simile al cortisone, ma anche antisettica, stimolante in generale, attivatrice linfatica) che agisce sulla sfera inferiore del nostro corpo con una nota di base, la Mirra invece è ricca di sesquiterpeni (hanno attività antinfiammatoria, sedativa, attivatrice venosa ed immunostimolante) ed influenza la parte superiore del corpo con una nota di testa. Ambedue hanno una valenza riequilibrante lo Yang.

Quale stimolo emozionale l'Incenso è  indicato per coloro che ricercano il percorso della propria anima, che hanno scelto la meditazione e la consapevolezza a discapito della vita materiale. Da voce alle nostre aspirazioni spirituali. Per la sua capacità curatrice nelle affezioni polmonari, ci fa respirare meglio e quindi aiuta a ritrovare la calma interiore per avvicinarci meglio al divino. L'Incenso inoltre protegge durante la nostra meditazione da agenti esterni che potrebbero turbare il nostro equilibrio.

Anche  la Mirra è una grande compagna di viaggio: era bruciata durante il parto, proteggendo la nascita del neonato, come protegge il defunto nel viaggio eterno. Addizionato nel vino veniva porta ai morenti quale analgesico. Aiuta a vincere la paura della morte ed il dolore della separazione, indicata nei blocchi emozionali e nella nostra incapacità di vivere spiritualmente; se usata la sera stimola il sonno eliminando in noi tutti gli eccessi. La mirra ridimensiona il nostro ego, guidandoci verso un senso di universalità.

Nello studiare gli olii essenziali ho avuto la possibilità di sperimentare su me stessa quanto possano influire sul nostro fisico e sulla nostra psiche e l'immediatezza della loro azione.
Per capirlo e se avete un olio essenziale (ATTENZIONE SOLO SE PURO AL 100%) ponete due gocce nel palmo della mano, sfregate le mani scaldando l'olio ed attivando le sue proprietà organolettiche, avvicinate i palmi delle mani al naso ed inspirate ad occhi chiusi inalando il loro profumo, dopo due o tre inspirazioni ed ispirazioni, sedetevi o meglio sdraiatevi e rilassatevi un momento. Potrete constatare il beneficio che ne potete ricavare.

Avvertenze: gli olii essenziali puri usati sul palmo delle mani non danno problemi, ma se usati direttamente sulle altre zone della pelle possono dare problemi: diluiteli in olio vegetale (oliva o jojoba) per poterli stendere bene. Vanno usati abitualmente in diluizione di 1 a 10 (1 goccia di olio essenziale per 10 g. di olio vegetale).


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sabato 17 dicembre 2011

Ginnastica artistica

Il 5 gennaio 1968 iniziò la Primavera di Praga ad opera del riformista Alexandre Dubcek, che portò in Cecoslovacchia una ventata di libertà, con una politica di liberalizzazione, la prima dopo la tremenda repressione dell' Ungheria nel 1956. Anche questa volta il 20 agosto 1968 i carri armati Russi invasero la Cecoslovacchia reprimendo il nuovo regime e destituendo Dubcek.

Ma di quel periodo una stella della Cecoslovacchia sconfisse i russi in campo sportivo. Vera Caslavska. Nata a Praga il 3 maggio 1942 già all'Olimpiade di Roma (1960) fu una rivelazione e mascotte per la sua giovane età. Si presentò nel 1964 a Tokyo superando in diverse categorie le avversarie sovietiche. Mi conquistò talmente che alle superiori scelsi di prepararmi per la squadra di ginnastica ritmica della scuola, ma data la mancanza di preparazione in giovane età non potei esprimermi che a livelli dilettanteschi. Vera intanto divenne un'eroina nel suo Paese, firmando il "Manifesto delle 2000 parole" con cui eminenti Cecoslovacchi chiedevano a tutti i loro concittadini di appoggiare la svolta democratica in atto nel paese. Ma Vera fu costretta a fuggire in Mexico quando il 20 agosto 1968 i carrarmati Russi entrarono invasero la Cecoslovacchia. In Mexico, dove nel 1972 si sarebbero svolte le successive olimpiadi, Vera fece tutti i lavori possibili e continuò un estenuante allenamento in esilio per poter partecipare alle Olimpiadi dove registrò il suo maggior successo! Aveva VENTISEI ANNI! Come potete vedere la sua corporatura snella presentava tutte le forme di una donna, eppure, se guardate regge il confronto in leggerezza, difficoltà e grazia con la giovanissima Nadia Comaneci, Rumena, che poco dopo divenne la sua erede. Al termine delle Olimpiadi del Mexico infatti,Vera si sposa con mezzofondista Josef Odlozil e lascia l'agonismo.
Con Nadia Comaneci iniziò l'esasperazione delle ginnaste giovanisime, sfruttando l'agilità dei corpi efebici ancora immaturati, esasperato dal fortissimo allenamento che inibisce lo sviluppo.

Vera fu l'ultima "donna" a disputare Olimpiadi : le sue medaglie furono più preziose di quelle delle altre ginnaste, perchè a quel tempo non esistevano sponsors, Vera lavorava e nel mentre si alza la mattina per allenarsi prima del lavoro e dopo il lavoro, per arrivare in forma ed alla perfezione ai contesti internazionali.
Vera Caslavska - 1968 anno (26 anni)



 

Nadia invece ha un'altra storia: diventata stella di primezza internazionale, allenata da Bela Karoly (poi espatriato in USA dove ha allenato i ginnasti americani) ha iniziato a conseguire i primi successi a soli 13 anni. All'Olimpiade del 1976 conseguì per la prima volta nella storia il punteggio di 10.00 tanto che non avendo nei displays tale votazione, il tabellone riporta un 1,00 ! Venne insignita dell'onorificenza di eroe del lavoro socialista, e iniziò a frequentare la fa famiglia Ceausescu, di lei s'incapricciò il figlio del dittatore Ceausescu, ma il carattere dell'uomo era talmente difficile che si costrinse ad ingrassare per rallentare le sue attenzioni. Alla fine nel 1989 riuscì a fuggire in USA dove riprese il suo equilibrio, sposò un ginnasta americano con cui tornò in Romania dopo la destituzione del dittatore. E' tutt'ora impegnata nell'insegnamento della ginnastica, nonchè in opere di beneficenza. Il 12 novembre ha compiuto 50 anni!   com


Nadia Comaneci - 1976 (16 anni)







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