Un'altro mese è passato. Iniziato con afa e sole e finito con afa e pioggia.
Speriamo che Settembre, il mio mese, si sviluppi in modo migliore e porti un po' di serenità per tutti !
Ieri ho fatto una consegna a casa di una conoscente ed ho visto nel suo soggiorno questo bellissimo pezzo. Nella roccia queste creature sono state stampate in un tempo immemorabile e lontanissimo, probabilmente nell'atto di fuggire, perché tutte sono rivolte verso un identico verso. Non so cosa siano, hanno il carapace che ricorda un gambero o un verme allungato. La mia amica non ha saputo dare ulteriori spiegazioni, ma ne son rimasta così affascinata da prendere qualche foto.
La preistoria mi ha sempre affascinato. Sono andata alla ricerca in internet ed ho trovato cosa sono : Ortocerati, dei cefalopodi nautiloidi che popolavano i mari 500-435 milioni di anni fa e precisamente nell'Ordoviciano. Rinfreschiamo la memoria con la tabella che segue per capire quanto vecchio sia !
Io di Nautiloidi ricordavo questo, che esiste ancora oggi fossile vivente, retaggio di un'era antichissima, comperato su di una bancherella a Grado anni fa.
Ma ho riscontrato che i Nautiloidi hanno avuto evoluzioni di diversa forma
ed i fossili della mia amica hanno la forma del primo "ortocono" come potete constatare : i gusci imprigionati nella roccia nera, vengono "scavati" e lucidati per emergere e mostrare il corpo, ma ne potete vedere anche la colonna di uno opaco di cui emergono le regolari sezioni del corpo.
Ricevuta per posta : fanno il bis! Ma è un vero piacere ascoltarli!
Il Metropolitan arriva nei cinema Italiani QUI
potete vedere il cartellone della stagione 2012/2013 e controllare nell'elenco dei cinema Italiani, se nella vostra città danno l'evento.
Inizia Martedì 18 ottobre, 2012 ore 19.00 con l'Anna Bolena !
Buon giovedì a tutti!
Non so chi di voi si è mai fermata/o a guardare questo programma che Cielo e Focus stanno mandando in onda dal satellitare
Mi fermo ogni volta perché per me è nuovo e mi affascina il lavoro di questi uomini: temerari o irresponsabili? Senza dubbio dei veri professionisti, specie nel manovrare le merci, perché basta poco per sfiorare il disastro, mentre loro fanno sembrare tutto molto semplice e compiono manovre ineccepibili al millimetro! Rischiano moltissimo, anche se guadagnano moltissimo rispetto a camionisti della strada normale.
A nord nel Canada per due mesi l'anno circa, quando il fiume Mackanzie raggiunge uno strato di ghiaccio di un metro e più, viene aperto al transito di camion diventando la mitica Ice Road con trasporti eccezionali: ecco che un manipolo di uomini coraggiosi, Alex, Eric, Jack, Hugh, George, ed altri ancora si avvicendano con enorme pericolo su questa strada sia per portare approvvigionamenti, che per pulire questi avamposti senza fognature e discariche dei loro rifiuti, ma anche per trasportare componenti di basi minerarie di trivellazione da un punto all'altro della tundra Canadese, dove si cerca il gas naturale oppure trasportando parti di ricambio ed approvvigionamenti dalla miniera di diamanti nell'estremo nord. Le strade normali bloccate e sotterrate dalla neve offrono un piccolo appoggio solo nel raggiungere i luoghi interni, ma è il fiume che diventa l'autostrada per eccellenza in questo periodo. Oltre che alle bufere, alla temperatura intorno ai - 46° C. gli eroici camionisti vanno incontro ai pericoli opposti : lo sciogliersi dei ghiacci, il rompersi della crosta che crea un lastrone instabile ed invisibile che può portare a disastri incredibili. A questo camionista è andata bene : è riuscito ad uscire dal camion. C'è chi non ha avuto tempo di dire Amen quando il ghiaccio si è mosso, inabissandosi con tutto il camion. Ma i nostri temerari sono favolosi e c'è chi viaggia sulla Ice Road da ben 25 anni, come Hugh Polar Bear !
I camion spesso hanno problemi causati dalle temperature estreme e gli uomini devono avere una salute di ferro per resistere allo sforzo ed alle intemperie. Le tempeste di neve sono frequenti, ma loro sfidano le temperature e le scarse segnaletiche per affrontare questi percorsi, sulla carta brevissimi a volte solo 100 km., ma se trasporti sul ghiaccio 40 tonn. di carico devi andare a 25km/ora! E devi stare attento ai crepacci, che si formano, alle lastre instabili, ai cumuli di neve, spesso ingannevoli ed al traffico in senso inverso.
Ricordate la legge di Newton: ad ogni azione ne consegue una uguale e contraria? Qui si applica in modo incredibile : il ghiaccio sia pure di un metro di altezza resta elastico, poggiando sull'acqua, quando viene percorso, il carico imprime una spinta che muove l'acqua sottostante creando un'onda. Maggiore è la velocità del camion, più lunga e forte sarà l'onda e la possibilità che la forza impressa dall'effetto contrario spezzi il ghiaccio. Maggiore il peso del carico, quindi, minore deve essere la velocità del veicolo. Se due veicoli di grosse dimensioni, indipendentemente dal genere di carico, si incrociano tutti e due in moto, creano, non importa a che velocità, due onde di dimensioni diverse ed opposte che potrebbero far rompere la superficie con i risultati che potete immaginare. Quando i camionisti disfarono la stazione di Aput per portare i pezzi a Langley, si trovarono a dover trasportare il derrick di 40 metri di altezza (!!!) Impiegarono DUE camion, uno che guidava diretto, l'altro che sosteneva la "coda" del carico posto in senso inverso che guidava in folle, per evitare che nelle curve il carico facesse squilibrare il camion trainante : la sincronia dei due camionisti e la loro bravura ha fatto si che il derrick arrivasse sano a Langley, ma vi giuro che sulla strada hanno visto i sorci verdi in quanto incrociavano camion in continuazione, che fortunatamente avvisati via radio costantemente si fermavano qualche minuto prima del loro arrivo per evitare il contrasto delle onde!
La Ice Road viene monitorata continuamente, pick-up enormi con strumenti sonar controllano specie prima di trasporti eccezionali per verificare se il trasporto può essere fatto. Due mesi di febbrile attività, prima che il disgelo corroda il ghiaccio e renda inutilizzabile la via d'acqua!
Ultima settimana d'Agosto, le jeux sont fait, rien va plus!
La pioggia di ieri ha portanto un buon respiro, almeno a Trieste : sul mio termometro fuori dalla finestra ci sono 16° ! La Bora ha spazzato via l'afa. Ora i bagni saranno meravigliosi, se la temperatura resiste a livelli più bassi del martellante solleone d'agosto.
Un altro mese finisce, il tempo scorre, finito il periodo delle ferie ci si cala di nuovo nel lavoro: il mio, un lavoretto, ma pazienza, va bene anche questo, ingannando il tempo fino a che non ne trovo uno migliore o non arriva l'ottobre, 2013.
La settimana inizia sotto buoni auspici! Andiamo ad incominciar ! Eccovi una bella pagina cantata dal mio concittadino Piero Cappuccilli!
...fa caldo, caldo da morire... è un caldo da crepare...
L'apparizione di Beatrice rischia di lessarci i ... neuroni... aspettando che arrivi il grosso della perturbazione, una leggera pioggerellina di 5 minuti ha ridotto le strade in un hamam turco!!!
Tuoni in lontananza lasciano sperare, speriamo di non morir ...prima!
HELP NEEDED! Intanto sorridiamo con Robin Williams !
Il grande Neil Armstrong, il primo moonwalker non c'è più.
Come diceva il mio mentore "Old pilots never die, they fly, fly,... fly away". I vecchi piloti non muoiono mai, essi volano,... volano, volano via!
Solo i programmi scientifici e storici dal 21 luglio 1969 ci hanno ricordato in questi anni il grande astronauta, fino ad oggi quella pagina di storia ha preso un po' di polvere nella nostra mente.
Ricorderò sempre quella giornata, soprattutto perché mio bisnonno Matteo classe 1886 stette davanti alla televisione quasi tutto il giorno seguentd la telecronaca, le interviste ad astrofisici e scienziati, i dibattiti e le conduzioni di Tito Stagno, gli interventi di Ruggero Orlando da Cape Canaveral.
Quello per lui fu un giorno speciale, seduto sulla sedia di fòrmica, con il suo bastone, si allontanava quel poco che serviva, ma per il resto parve ipnotizzato da quel traguardo, impaziente verso le donne di casa che gli giravano intorno e lo distraevano. Lui rimase a contemplare quell'avvenimento che aveva i connotati di una fiaba!
Lui nato nel 1886 aveva potuto vivere un periodo di scoperte eccezionali! Pensate che quando è nato lui la lampadina era stata accesa soli sette anni prima, nel 1879, ma in molte case quando nacque lui si usava ancora l'illuminazione a petrolio e nelle case di città quella a gas. Nello stesso anno della sua nascita si ha la prima produzione economica dell'alluminio. Solo 10 anni prima Nikolaus Otto realizza il motore a scoppio a quattro tempi, mentre da 26 il motore a scoppio veniva impiegato nell'industria. Nel gennaio del 1886 Karl Benz, brevetta la sua prima automobile, antesignana di quella creata in seguito assieme al suo amico Daimler. Nel maggio del 1886 la polizia di Chicago spara sui lavoratori scioperanti e per questo sacrificio viene indetta la festa del lavoro il 1° di ogni Maggio. Lo stesso anno Jean Moréas pubblica a Parigi su "Le Figarò" il manifesto del simbolismo, segnando la nascita della nuova corrente letteraria ed artistica. Nel 1886 Rudolph Hertz dimostra la possibilità di trasmettere onde elettromagnetiche, rivoluzionando le telecomunicazione. (Sarà poi il nostro Guglielmo Marconi in seguito a realizzare la telegrafia senza fili). In quell'anno nacquero Sergio Tofano (il signor Bonaventura del Corrierino dei Piccoli, lo ricordate?), Al Jolson, uno dei protagonisti del jazz, Edward Bach, il medico inglese inventore della famosa cura omeopatica che porta ancora il suo nome "i Fiori di Bach", David Ben Gurion, il leone d'Israele!
Il 20 luglio 1969 Nonno Matteo, seduto davanti al televisore in bianco e nero, assaporò meglio di tutti gli altri componenti la famiglia l'importanza di quel passo per la storia. Seppe valutare e considerare la strada percorsa dal progresso scientifico e tecnologico, lui che era nato in un mondo ancora pieno di cavalli da tiro ed il treno a vapore come mezzi da trasporto, senza o con poca luce, vide in pochi anni i progressi scientifici migliorare la vita di ogni giorno. Le invenzioni migliori del XX secolo con l'applicazione dell'elettricità, oltre alle sopra citate, pensate alla televisione, alla lavatrice elettrica, al primo computer, ai primi microprocessori!
Ieri sono andata per la solita gita nel basso Goriziano, visitando alcune clienti Tupperware e Stanhome della zona, nonché facendo rifornimento dal contadino di frutta e verdura.
Tra l'altro siamo andate a vedere un negozio aperto da un paio di mesi : "EL TABACHIN DE LE MULE" che raccoglie appunto giornali, libri, oggettistica per bambini (giochini, figurine, braccialetti), tabacchi e quant'altro. Tra da quaderni e regali per compleanni fatti con il decoupage, ho trovato anche oggetti di riciclo: ho visto bellissime borse, porta monete, buste e piccole pochette fatte con la tela di quegli striscioni che vengono esposti sospesi nella via per reclamizzare eventi artistici o sagre, ecc.
L'atmosfera del negozio era fantastica : finalmente qualcuno che afferma di esser soddisfatto, di aver iniziato una nuova vita con successo, di aver chiuso un vecchio capito e riaperto uno nuovo senza batter ciglio, di aver realizzato progetti di portata importante e di aver superato il tutto in armonia.
Ahhhh finalmente ! qualcuno a cui l'anno del Drago d'Acqua ha portato un cambiamento positivo nella vita! Qualcuno che abbia parlato solo bene di tutto ciò che le è capitato in questo anno "bisesto, senza sesto" e sono in due, le gestrici di questo negozio. FORZA MULE!!!!! Ad majora!!!
Il pizzino di Osho serve incredibilmente per situazioni emotive occasionali di ogni giorno, ma può solo scalfire in superfice le emozioni "assolute", nate da conflitti pre-natali e della nostra infanzia e che avvelenano in modo tossico la nostra anima, dove sono profondamente ancorate.
Il pizzino di Osho serve a vivere consapevolmente ed a iniziare a considerare la possibilità di vincere emozioni molto più profondamente radicate: quelle che gli psicologi definiscono "le ferite del nostro bambino interiore" e che non ci permetto di guarire, perché ci bloccano.
Le emozioni assolute sono difficili da estirpare in quanto
1) la nostra mente bastarda abituata a soffrire, non riesce ad accettare il "successo" e/o la "felicità", in quanto pensa che la situazione in cui stiamo da anni sia la sola ed unica che ci meritiamo e per paura di qualsiasi tipo di cambiamento, fa di tutto per sabotare ogni nostro passo o successo riportandoci indietro a ciò che si conosce e che pur soffrendo ci ha permesso di sopravvivere,
2) nessuno ci insegna mezzi e meccanismi per uscirne fuori, anzi ci programmano per fallire, dato che ci propongono ad ogni pié sospinto modelli da imitare anche se non ci appartengono, ci impongono di cambiare a prescindere dalle nostre capacità, solo per rispondere e corrispondere ad aspettative ed a giudizi a priori, spesso determinando la nostra totale confusione e la nostra infelicità.
Il pizzino di Osho riesce però a corrodere le fondamenta di queste emozioni: iniziando a vivere le emozioni momentanee trasformandole positivamente, si riesce via via ad acquisire due emozioni fondamentale : CONSAPEVOLEZZA e FIDUCIA IN NOI STESSI, che ci potranno accompagnare ad una successiva elaborazione e trasformazione, assieme alla chiave di volta di questo processo evolutivo : la DIETA del PERDONO. (continua)
P.S. Soffio e Cosimo, mah, avete provato ad usare il pizzino di Osho?? ;)
Ho scritto già che, qualsiasi problema che resta latente nel subconscio e ci lacera, perde la sua carica virale, se lo mettiamo nero su bianco e lo portiamo al conscio : come nel post
sul pizzino di Osho per le emozioni. Quando la situazione viene portata a livello conscio attraverso le parole, che la identifichino senza ombra di dubbio alla nostra mente, è lo stesso conscio che provvede a correre ai ripari e ci pone nel meccanismo adatto per risolvere il nostro problema.
La rabbia, come tutti i sentimenti negativi, che ci scuotono nel profondo e ci tolgono via tantissima energia, portata al conscio, svanisce miracolosamente. Quindi rendiamoci conto del perché siamo SEMPRE NOI che decidiamo se stare bene o se stare male! Perché questo meccanismo non solo ci permette di riportare un buon equilibrio nella nostra mente e nel nostro cuore, ma ci regala tanta calma e lucidità tale da riuscire a rintuzzare ogni attacco ed anzi a reagire costruttivamente demolendo ogni teorema che ci voleva mettere in difficoltà, a ragion veduta.
Questa capacità di trasformare un'energia negativa e distruttrice in un' energia positiva come la calma e la lucidità è un bagaglio che TUTTI possiamo scoprire ed utilizzare per "salvarci la vita", ma che nessuno o rare eccezioni ci insegnano ad usare. Se pensate bene tutti ci insegnano a reprimere le emozioni negative, nessuno ci insegna a trasformarle!! Ecco perché siamo programmati a fallire!!!!! Nessuno ci insegna come gestire le emozioni ed il tanto declamato e lodato reprimere cattolico porta solo a farle radicare in modo sempre più profondo senza risolverle, anzi con effetto valanga, restano sempre in ebollizione fino a che non riesplodono, anche fuori luogo: quante volte avete perso le staffe avendo la peggio in una discussione (soprattutto con i genitori) o avete detto parole che hanno ferito e di cui vi siete pentiti, anzichè trovare una soluzione????
ERGO? Provate ad adottare il sistema di visualizzare il pizzino di Osho e vi semplificherete la vita, prendendovi soddisfazioni da ingrassarvi una cifra !:D Se non ci riuscite, sappiate che è la vostra mente (subconscio) a sabotarvi! CORRETE AI RIPARI SUBITO!
Un altro stratagemma che ci aiuta enormemente è quella di scrivere, come per spiegare ad un altra persona il conflitto che viviamo, per risolverlo.
Me ne sono accorta in ufficio: quando dovevo risolvere una situazione ingarbugliata e non avevo la parola adatta, mi rivolgevo, chiamandola, alla mia collega: succedeva che mentre semplificavo in poche parole la questione in modo elementare per spiegarle ciò che dovevo risolvere, la parola adatta od il quadro chiaro emergeva nella mia mente in modo immediato e spontaneo.
Ho quindi compreso che spesso scrivere, elencando azioni e reazioni, fa si che il nostro conscio sia in grado di afferrare i meccanismi errati portandoci in modo spontaneo ed immediato verso la soluzione dei nostri problemi. Dobbiamo avere il coraggio di scrivere tutto sinceramente: per questo a volte è necessario, bruciare o rompere in mille pezzi il foglio su cui stiamo scrivendo e gettarlo, considerando che il conscio SA cosa fare e ci abbia già incamminati verso la via della risoluzione.
Stratagemmi utili per salvarsi la vita sia da fisime di poco spessore, che da laceranti dubbi.
Uno dei pregi della disoccupazione e dell'attesa è che tutti i giorni sono uguali, a parte la domenica in cui trovi alcuni negozi chiusi, ma ti sono date altre opportunità.
Così mentre una volta, il lunedì rappresentava, come dice Charlie Brown, l'inizio di una nuova settimana lungo la quale strisciare ;) per me il lunedì è una giornata come le altre!
Sto iniziando a considerare il fatto come una nuova prospettiva che devo accettare e fare mia, per poterla sfruttare e per poter cambiare la tendenza: da disagio in liberazione da schemi.
Difficile per chi come me ha lavorato tutta la sua vita, ma porca miseria, col cavolo che la dò vinta alle paturnie ed al destino!
Ed ora in doccia che oggi vado al bagno! In barba a Lucifero!
In vena di ricordi, ho passato in rassegna i personaggi che nella mia infanzia bussavano alla nostra porta.
A parte il portinaio, un vecchio
ex-pompiere di Fiume, che veniva a bussare e portare un mazzetto di fiori a mia
madre per ottenere in cambio un buon bicchier di vino dei miei nonni, che lui
stimava molto, agli spazzini e spazzacamini che venivano per le feste a
raccogliere le mance, ricordo una serie di personaggi che arricchirono la mia
infanzia di figure pittoresche.
La prima era Irene, carsolina
mingherlina, di carnagione scura, molto energica, che con un fazzoletto a forma di cuscino in testa saliva le scale di casa nostra con il bidone del latte in equilibrio sul capo, mentre il carro aspettava in strada. Suonava di buon
mattino alla nostra porta, tirava giù il bidone dalla testa, lo metteva sotto
braccio per mescere il latte nel contenitore graduato di alluminio e da lì nella nostra pentola. Parlava
poco e tradiva il dialetto sloveno delle alture. Saliva e scendeva scale
infinite per le vie fino a vendere tutto il suo prodotto. Era molto nervosa e negli anni assunse anche dei tic agli occhi, che noi bambini maldestramente imitavamo per ridere! Il suo latte era buonissimo e noi seguivamo
il raffreddamento dopo la bollitura, leccandoci i baffi al vedere la ricca “panna” che poi ci contendevamo.
Altro personaggio che bussò alla
porta all’epoca era il fotografo, che proponeva di “colorare le fotografie in
bianco e nero”. Era una gran novità per l’epoca, tutto era ancora in bianco e
nero: giornali, riviste e televisione. Ma lui, prendeva una foto,chiedeva il colore dei vari particolari e riportava
un ingrandimento con colori pastello, che rendeva il tutto molto surreale, incorniciandolo
in una pesante cornice di madreperla. Era la moda: tutte le famiglie dell’epoca
sfoggiavano la foto dei loro bimbi “a colori”, come oggi sfoggia l’iPhone!
Ricordo poi la figura dell’assicuratore che in famiglia
chiamavamo “in caso di decesso”, in quanto era la frase che pronunciava quando
voleva sottolineare i “benefici” della polizza vita, facendo valere il fatto
che per ora pagare le rate era un sacrificio, ma che il beneficio si sarebbe
visto “nel caso di decesso”, il tutto mentre Mamma con le mani dietro alla
schiena faceva le corna! Ironia della sorte volle, che ne beneficiammo nel 1974
quando a soli 42 anni Mamma morì: “in caso di decesso” non era più tanto
ridicolo, ma una triste realtà.
Ma le figure più belle della mia
infanzia erano i rappresentanti di enciclopedie, che trovarono in casa mia un
facile terreno di vendita, dato che i miei amavano leggere ed avevano cura
della nostra cultura. Così alla nostra porta si avvicendarono tante figure. Il
primo non lo ricordo molto bene, perché ero molto piccola, da lui Papà prese i Classici Azzurri, venticinque libricini che raccoglievano il meglio della letteratura italiana e straniera ed il
MILIONE, dizionario geografico in parecchi volumi, enormi, di un bel azzurro,
mi appassionò quando diventai più grande. Ricordo che alle superiori feci una
tesina d’Italiano sulla condizione delle donne Africane, portando un argomento
attualissimo (erano gli anni della contestazione femminista) e soprattutto non
avevo avuto necessità di attingere alla biblioteca! Oltre che alla Geografia
Fisica, Politica, Economica, questa enciclopedia da la descrizione dettagliata
della Storia e delle maggiori città, inoltre ha per ogni paese una sezione di
Usi e Costumi, attraverso le epoche e dei giorni nostri, che leggevo con passione ed interesse, perché mi facevano viaggiare con la mente. Altra enciclopedia della
mia infanzia fu il CONOSCERE – Enciclopedia per ragazzi, da cui attingemmo a piene mani durante le prime classi.
In seguito arrivò un’agente, che
mi piacque molto. Era una donna di una certa età, non tanto alta, magra,
vestiva con gusto, leggermente truccata, con i capelli lunghi biondo-cenere acconciati raccolti alla nuca in un moderno ed elegante chignon, parlava in dialetto con una certa
impostazione, senza apparire troppo “artefatta”, era cordiale, sorridente. Le
sue visite mi incuriosivano, da lei Mamma comprò il DES – Dizionario Enciclopedico
Sansoni, il Leonardo, rivista scientifica. Inoltre
acquistò anche la collana della Medusa, dei bei libri dalla copertina Verde, una
raccolta sulla natura con dodici libri dedicati agli
animali a seconda della specie di appartenenza con relative schede dell’anatomia
e foto dal vero; poi anche un’altra enciclopedia fotografica, di cui ricordo
solo il volume sui gatti e sui cani, da cui imparai le razze, perché sfogliavo
e mandavo a mentei varinomi.
Successivamente arrivò l’agente
dell’UTET , da cui s’ iniziarono ad acquistare i libri Universitari. Mio
fratello acquistò l’intera Enciclopedia Medica con tutti gli aggiornamenti fino
ad oltre il duemila, l’Enciclopedia Veterinaria e quella Astronomica.
Acquistare libri fu quindi un
imprinting che ebbi dalla mia prima infanzia. Quando –non avendo ancora la
televisione- spesso perdevamo ore a leggere e nel mio caso, guardare le
fotografie e le figure, per passare il tempo e sognare.
D'inverno c'era poi il venditore di mestoli che scendeva dalla Carnia per vendere i suoi prodotti e raccimolare qualche lira. C'era anche l'arrotino, che oltre ad affilare le forbici ed i coltelli, riparava le vecchie ombrelle rotte.
Gli ultimi sulla scena I Mormoni ed i Testimoni di Geova, a cui, ormai forniti di spioncino, non aprimmo più!
Il 16 agosto
1974 iniziai a lavorare ad un mese dal diploma. Il mio principale, il dott. A.,
era un uomo alto ben piantato con i capelli sale e pepe, ben pettinati, due
favoriti alla Gengis Khan, la voce profonda, gentile, con una leggera zeppola.
Quando parlava in pubblico era padrone della scena con semplicità ed eleganza, parlava a braccio correttamente in quattro lingue, ed era così carismatico, da mettere tutti gli ospiti a
loro agio. Eclettico ed intelligente sapeva sostenere una conversazione
interessante con chiunque, sia che fosse l’uomo della strada, che il fisico
nucleare.
Per darvi
un'idea del suo carattere e delle sue capacità dovete sapere che aveva conseguito
in un collegio svizzero, il diploma dell'accademia commerciale. Di ritorno in
Italia per iniziare l’Università, avendo 17 anni dovette aspettare un anno. Ma il
padre gli chiarì subito la situazione : "se speri di bighellonare e perder
tempo con gli amici perdigiorno in questo anno, sbagli di
grosso: da domani prendi lezioni private ed a giugno darai la maturità
classica!" Fu così che imparò il Greco, perfezionò il Latino e le altre materie del quinquennio classico e superò a
pieni voti l'esame di maturità!
Al servizio di leva scelse di andare in aviazione e disse al padre
di voler prendere il brevetto di pilota. Il padre glielo negò dicendo, che secondo lui i piloti erano tutti disperati
che non avevano voglia di vivere e per dimostrargli che non fosse un problema
di denaro, devolse il costo del brevetto in beneficenza. Ma il dott.A.
non si arrese, iniziò a dare lezioni, a vendere traduzioni di greco e latino,
raccimolando il costo del brevetto e conseguendolo a 21 anni nonostante la contrarietà
del padre.
Arruolatosi
volontario in guerra come pilota di caccia, scelse di affiancare la RAF nelle
forze di liberazione, quale appoggio alle navi di rifornimento. Conseguì la laurea di Economia e Commercio, come pure quella di
Scienze Politiche e di Diritto, effettuando anche l'esame di stato quale
Dottore Commercialista.
Alla fine del conflitto tentò d'intraprendere la carriera
politica, ma la sua dirittura morale non gli permise di
cedere ai vari compromessi dell'ambiente. Nel 1948 abbandonò l'amata aeronautica, per coadiuvare il padre nell'attività commerciale di agente di caffé, droghe e coloniali, che portò a
livello di fama mondiale, sebbene fosse solo una ditta familiare e molto
piccola.
Per spiegarvi
la singolarità dell'uomo vi racconto ancora un aneddoto. Dovete sapere che appena indipendenti, negli anni
sessanta i nuovi stati Africani, volendosi affrancare dai mercati dei Paesi colonizzatori cercarono nuovi sbocchi commerciali. La C.E.E. nell'ottica di un trattato di collaborazione, li favorì facendoli partecipare gratuitamente alle Fiere di tutta Europa. Serviva una persona capace di affiancarli ed a
Trieste fu scelto il dott. A. per la sua esperienza commerciale e conoscenza linguistica, tanto che li accompagnò per un quinquennio alla Fiera di Trieste,
alla Fiera del Levante di Bari a quella di Milano ed anche a quella di Lubiana a cui affluivano espositori da tutta l'Europa dell'Est.
Fu così che a Lubiana sul
finire degli anni '60 il dott. A. al bar dell'albergo stazionava in attesa
di passare da una conferenza all'altra, attorniato dalle Delegazione
Africana, che intratteneva al tavolo parlando in francese ed inglese,
fumando un Montecristo, davanti ad un wishky con ghiaccio. Veniva chiamato e chiamava
al telefono in continuazione parlando in tedesco ed italiano ed azzardava con
il giovane barman qualche frase di sloveno, imparato dai cacciatori d'oltre
confine. Il giovane barman era esterrefatto: un personaggio simile non lo aveva
visto nemmeno nei film americani. Fu al culmine dell'ammirazione quando vide il
Dott. A. con il Gen. Tito e la first lady, Jovanka, mentre illustrava loro la
missione delle Delegazioni ed i prodotti presentati agli stand.
Un commerciante
di Trieste di ritorno da Lubiana, nei primi anni del 2000, mi ha riferito di
aver incontrato per caso quel barman, che sentendo che era di
Trieste gli aveva chiesto se conoscesse il dott. A. e se fosse ancora vivo,
raccontandogli ciò che aveva visto e ripetendo l'ammirazione per la sua disinvoltura ed il suo carisma.
Come
Presidente di un'Associazione Europea del Caffé indisse una "Crociera del
Caffé" : era il 1986. Con l'aiuto dell'avallo di Pericle Lavazza, la Costa
mise a disposizione una nave e l’impegno del viaggio, previa la firma di una
fideiussione da capogiro. Fu un periodo frenetico, di raccolta d' adesioni e d'
organizzazione ed il dott. A. stette parecchi mesi sulle spine, perché gli americani dettero forfait all'ultimo minuto : dopo l’attacco terroristico all'Achille Lauro del 1985, in cui fu ucciso
un cittadino americano in carozzella, il Mediterraneo non era considerato luogo sicuro per loro. Ma nonostante questo la Crociera ebbe
una buonissima affluenza di passeggieri e fu un successo enorme!
Il mio principale era un mito. Per la sua capacità e la sua vitalità, noi , "ragazze" dell'ufficio, lo soprannominammo Highlander, dato che si ritirò solo a 88 anni!
Gli ultimi 2 anni furono molto
difficili: nel 2004 dopo una brutta polmonite ebbe un crollo enorme. Aveva 86 anni e l'inizio dell'Alzheimer e la depressione lo costrinsero a lottare con molta fatica perché non voleva arrendersi e continuava a venire due volte al giorno in ufficio per continuare a lavorare e sentirsi vivo! Poi il tracollo nel 2006, una brutta caduta, che lo fermò a casa. Avevamo lavorato gomito a gomito per ben 32 anni, mi aveva preso sotto la sua ala e guidato nel meraviglioso mondo del caffé aiutandomi a crescere professionalmente: avevamo bevuto assieme più di 17.000 caffé!
Si spense serenamente a 90, nel 2008, servito e riverito come sempre, dopo aver
bevuto il suo ultimo caffé.
14 - 15 agosto 1947-2012 65° ann. indipendenza India
“If we could change ourselves, the tendencies in the world would also change. As a man changes his own nature, so does the attitude of the world change towards him. …
We need not wait to see what others do.”
Se potessimo cambiare noi stessi, le tendenze nel mondo cambierebbero di conseguenza. Come l'uomo cambia la propria natura, così cambia l'attitudine del mondo nei suoi confronti.
Non abbiamo bisogno di aspettare per vedere cosa fanno gli altri.
Mahatma Gandhi
Perché proprio questa canzone ? Il ritmo mi piace, l'alternanza degli artisti è un melodico fluire, che mi mette allegria.
Ho iniziato a conoscere l'India negli anni sessanta, quando mia madre sarta, confezionava i capi ascoltando la vecchia enorme radio Telefunken ed una sera in cui giocavo vicino a lei, davano una commedia che narrava la vita di Gandhi. Le parole il racconto drammatico ed il dolore per la morte del Mahatma mi colpirono molto e chiesi a mamma ulteriori spiegazioni, andando poi sull'enciclopedia IL MILIONE a vedere e leggere altre curiosità di quel lontano Paese.
Poi ci fu il film appassionante Il Giro del Mondo in 80 giorni con uno splendido David Niven ed una giovanissima Shirley MacLane a riavvicinarmi a quei posti fiabeschi ed in seguito la moderna serie di Sandokan, ispirata da Salgari con la descrizione delle giungle Indiane, dei palazzi fastosi dei marajah.
Tutto fu sopito nell'adolescenza con gli anni di piombo, ma con la mia assunzione nel 1974 riscoprii di nuovo l'India. Dapprima attraverso i telegrammi cifrati che le nostre corrispondenti inviavano con offerte o risposte ai nostri ordini. La corrispondenza per via aerea era all'ordine del giorno, sulle buste bellissimi francobolli facevano mostra di Gandhi, Indira, paesaggi e prodotti Indiani. Aprirle era un dramma, perché la colla era talmente sigillante, che spesso la busta era appiccicata alla leggera carta da lettera o si rischiava di tagliare non solo il bordo, ma anche una parte della lettera. Poi i telegrammi diradarono iniziò l'era del telex e nel giro di un anno tutti gli Indiani comunicavano con noi direttamente: era una specie di Skype ante-litteram, dove si colloquiava scrivendo a macchina (invece che a voce) ed essendo in contemporanea si poteva portare avanti una trattativa durante una trasmissione che poteva durare quanto si voleva, un paio di minuti come anche molto di più. Ovviamente le distanze dettavano il costo della trasmissione. Dall'avvento del telex, la corrispondenza cartacea fu limitata ai puri contratti originali ed alle copie dei documenti d'imbarco. Le distanze ed i tempi si erano accorciati, mentre al telefono ci vollero 5 anni prima che la teleselezione Italiana fosse automatizzata e non si dovesse passare per il centralino delle chiamate intercontinentali (il 15) al quale eravamo costretti comunque a fare numerosi solleciti prima di ricevere la linea!
Sfogliando i codici per tradurre i telegrammi cifrati, usati per scongiurare la concorrenza e lo spionaggio commerciale, la mia giovane mente fervida correva ad immaginare dando ai loro volti una dimensione fisica, ma tutto era ancora lontano.
Nel 1976 due nostre grosse mandanti bloccarono la loro collaborazione : era morto il patriarca e i due fratelli avevano avuto un diverbio a colpi di pistola per l'eredità! Uno era finito in prigione per aver sparato al fratello maggiore: ovviamente non lo aveva colpito, il gesto era stato una mera simbolica presa di posizione. Ci fu una causa, il magistrato bloccò i conti di tutte e due le ditte, che per anni rimasero congelati. Ma in pochi mesi i fratelli fondarono due nuove società e ripresero gli affari. I due fratelli vennero separatamente in Italia e continuarono a venire una volta all'anno ed ebbi modo di conoscerli direttamente. Diversissimi uno alto magro capelli bianchi, l'altro leggermente più basso, tarchiato con i capelli neri placcati dal gel. Nulla faceva trasparire la violenza tra i due nei loro modi da gentlemen anglo-indiani
Tra i due litiganti il terzo gode ed in quel tempo emerse un nuovo partner commerciale. La ditta era sorta nel 1865, copriva tantissimi articoli commerciali: carne di bufalo, piselli, ceci, frutti di mare e pesci congelati, spezie, frutta e verdura secca e conservata, pellame, grasso animale e recentemente hanno introdotto i prodotti congelati ed aperto anche una linea di alimenti per animali e confezioni di cibo precotto in buste per la vendita al dettaglio. Aveva due enormi edifici a Mumbai (Bombay), ma il loro reparto caffé era ancora poco affermato in quanto decentrati rispetto alle zone di produzione. Dato che il mercato del caffé alla fine degli anni '70 aveva preso a salire, crearono una filiale a Bangalore ed inviarono negli anni '80 il loro manager per farsi conoscere dai clienti. Mr. N. era di pelle scura, alto sul metro e settanta, magro (allora) , sorridente. Ero andata a bere un caffé alla Portizza e lo trovai davanti al portone dell'ufficio con due valigie enormi e l'ombrello in mano, che poi appese per comodità sulla schiena inserendo il manico nel colletto. Lo vidi smarrito e gli chiesi se venisse a trovare noi: una fila di denti bianchissimi gli illuminò il volto ed entusiasta per averci finalmente trovato mi seguì pimpante nel grande ingresso, all'ascensore fino al nostro ufficio.
Quello fu uno dei tantissimi viaggi che il signor N. fece, perché lo ripetè ogni anno, come costume tra tutte le società Indiane che intrattengano rapporti commerciali con importanti clienti all'estero. Questo serve loro per raccogliere eventuali spunti per migliorare non solo il raccolto, ma anche il servizio al cliente. L'Indian Coffee Board, che regola tutt'ora i termini e le regole per l'esportazione del caffé Indiano e controlla tutti i produttori, gli esportatori, fungendo da organo di riferimento anche per gli importatori nel dirimere le contestazioni ed i reclami commerciali, fu il primo organismo governativo di un Paese Produttore che si convinse dell'importanza del controllo qualità e del suo miglioramento. Istituì già negli anni '80 un ufficio ad hoc per la supervisione e la degustazione della produzione, nonché dei campioni respinti dai clienti per valutare come poter migliorare la qualità. A capo una donna, elegante, i tratti molto fini, magra le mani affilate, il sorriso dolce e sereno. Negli anni si affrancò dal CBI ed ora gestisce un proprio laboratorio che le grandi case torrefattrici usano per avere la certezza di ricevere un prodotto di qualità. Ha combattutto e vinto il cancro, ha due figlie e ringrazia sempre la madre che le ha potuto permettere di portare avanti il suo lavoro.
Ma il racconto più suggestivo e pittoresco dell'India moderna, me lo diede il capo ufficio acquisti di un nostro cliente torrefattore, che andò dal 1995 fino al duemila nell'ufficio del sig. N. per concordare e seguire un contratto a lungo termine di fornitura. Mi raccontò che l'ufficio di N., pur appartenendo ad una delle più grandi ditte esportatrici dell'India in realtà a Bangalore consisteva in una stanza/magazzino a pian terreno pieno d'impiegati e che data la confusione e l'affollamento lui aveva spiegato alla figlia di N., che fungeva da segretaria al padre, in cosa consisteva la cernita dei chicchi difettosi da parte della sua ditta, usando come "tavolo" il marciapiede con un cartone sopra: ne rimasi stupita, ma non tanto quando lessi "La città della Gioia". Non crediate che i volumi di vendita all'epoca fossero limitati! La succursale di Mr. N. era diventata la prima esportatrice Indiana dopo circa un decennio imbarcava da sola a stagione 600.000 dei 5 milioni di sacchi prodotti in India. Il meccanismo è di raccolta del caffé nella loro stazione di lavorazione del prodotto affluito da vari produttori. Dopo la selezione, vengono riempiti i sacchi e portati in camion fino al terminal container di Cochin oppure -in stagione di monsoni- di Madras. Qui vengono caricati in containers che su piccole navi feeder arrivano a Ceylon dove vengono trasbordate sui grandi piroscafi di linea.
Ma se da una parte alcune strutture Indiane erano discutibili, le telecomunicazioni lavoravano meglio delle nostre ed anzi ho visto sempre i manager Indiani con apparecchi migliori dei nostri : il primo Galaxy Samsung l'ho visto in mano ad un Indiano (figlio di quello che aveva sparato, di cui sopra :), quando da noi appena se ne ipotizzava la futura vendita.
Tutte le ditte Indiane quando sposavano i figli, ci inviavano le partecipazioni di nozze. Uno tra i più prestigiosi inviò il biglietto per DHL con una scatola (35x10x35cm ca.) di legno di sandalo ed altre essenze di colori diversi, piena di dolcetti tipici Indiani. Fummo deliziati dal contenuto, che per soddisfare la nostra curiosità il mio vecchio titolare e mentore, divise con tutte con noi impiegate (negli anni '90 eravamo 4). Dolcetti al cocco, all'anacardo, ai pistacchi, alle mandorle, legati con fili finissimi e regolari di zucchero caramellato, pasta di mandorle ed altro erano deliziosi e portavano un sapore nuovo nella nostra esperienza.
Ma questa è storia "moderna" : quando io iniziai a lavorare nel 1974 l'esportazione del caffé Indiano in Italia era un segmento minimo.
La maggior parte della produzione Indiana, in quegli anni, andava al loro più grande compratore l'URSS, che resta tutt'ora un partner importante, tanto che nelle pagine web dell'Indian Coffee Board ne troverete una dedicata solamente alle regole con le limitazioni e le specifiche di qualità ammesse per l'esportazione in Russia!
Negli anni sessanta, settanta ed inizi ottanta erano in voga gli affari "barter", dove i produttori effettuavano un mero scambio commerciale : caffé in cambio di macchinari industriali od altri semi-lavorati di cui erano all'epoca sprovvisti. Ci vollero decenni dopo l'indipendenza per l'India sebbene nelle liste dei paesi Non-Allineati, per affrancarsi dal colosso sovietico a loro vicino.
Ma una delle maggiori peculiarità del mercato Indiano resta il caffé Monsonato. Il caffé come ben sapete è un alimento igroscopico : ha la capacità di assorbire l'umidità in modo istantaneo. Famose erano le frodi sul peso di partenza : alcuni filibustieri facevano versare secchi d'acqua sul pavimento dove stazionava il camion carico di caffé prima della partenza la sera prima. La pesata al mattino era maggiore per l'esposizione all'umidità. Quando il camion arrivava bastavano un paio di giorni perché l'umidità svaporasse ed il compratore si trovava con un calo peso eccedente quello naturale. Ne beneficiavano i venditori che si facevano pagare sul peso di partenza.
Ma per l'India questa particolarità organolettica del caffé fu l'incentivo a ricreare con cognizione di causa una situazione naturale. Con il blocco del Canale di Suez nel 1956 le navi mercantili dovettero circumnavigare l'Africa. All'epoca i sacchi di mercanzie venivano imbarcati alla rinfusa nelle stive delle navi ed erano alla mercè del tempo atmosferico: le temperature tra i Tropici e l'Equatore facevano si che assorbendo l'umidità i chicchi si ingrossavano e scolorivano, acquistando un sapore particolare. Fatto sta che alla riapertura del Canale di Suez il viaggio più corto non favoriva più tale cambiamento nel caffé, ma la richiesta rimase e venne sollecitata da parte di parecchi torrefattori affezionati al gusto che la bevanda prendeva: più morbido e cioccolatoso.
Gli Indiani si accorsero, che lo stesso fenomeno incorreva nel caffé che restava sulla costa al tempo dei monsoni: pensarono allora far stazionare appositamente alcuni quantitativi di caffé sulla costa facendo acquisire ai chicchi la caratteristica gonfiatura e sbiadimento che precedentemente si otteneva durante il lungo viaggio in mare. Nacque così il caffé Monsonato.
Però la gran parte del raccolto, non ancora venduto, veniva trasferito dalla costa (Mangalore) alle alture (Bangalore) per evitare la degenerazione del caffé. Ed è a Bangalore che gli esportatori si stabilirono a partire dagli anni '80 per evitare i monsoni, in quanto aumentando la produzione e l'esportazione verso altri paesi consumatori, non essendo più tanto legati alla fornitura all'URSS, dovettero diluire le vendite nel corso di più mesi. Si era infatti affermato uno dei più grossi Paesi Produttori: il Vietnam, che dopo la pace di Parigi ebbe uno sviluppo commerciale talmente ingente da diventare in meno di un decennio uno dei più grandi produttori di caffé e per la competitività dei prezzi e la necessità di sviluppo industriale per acquisire semi-lavorati ebbe accesso anche al mercato sovietico.
Attualmente il Vietnam è il secondo Produttore mondiale con 1.279.500 tonn./anno, a fronte della produzione del Brasile, che è il primo, con 1.785.175 tonn./anno, mentre l'India ne ha solo 340.660 tonn.
Ma come nasce la coltivazione del caffé in India? Narra la leggenda che il monaco Bababudan volle far partecipi i suoi connazionali del beneficio della bevanda durante la meditazione e portò con se dallo Yemen 7 chicchi di caffé che furono piantati in 7 zone dell'India che divennero altrettanti distretti di caffé.
In realtà le sette zone hanno peculiarità ben precise, date dalle differenti condizioni di terreno e di coltivazioni vicine a quelle del caffé e date dallo sviluppo in tazza delle diverse varietà (la Kent, la migliore, che si coltiva anche in Kenya ed in Jamaica, la S.795, una derivazione dalla varietà Kent, prediletta per il particolare aroma dai produttori di caffé arabica, la Sln.9 -selection 9- una varietà nata dall'arbusto Tafarikela dell'Etiopia (di cui mantiene la caratteristica dominante nell'aroma di tazza) con l'ibrido di Timor (arbusto molto resistente alle malattie ed alle avversità atmosferiche), ed il Cauvery o Catimor, ibrido tra il Caturra bourbon e l'ibrido di Timor, che in questo innesto ha la meglio, dando una tazza leggermente inferiore rispetto agli altri, ma con il pregio di aver reso la varietà molto resistente alle malattie).
Per 400 anni la coltivazione del caffé è stata un continuo evolversi ed espandersi. Mentre in alcuni paesi per mancanza di mezzi (Ethiopia, Indonesia ecc) le coltivazioni sono rimaste parte integrante della foresta pluviale, in altri Paesi più progrediti s è preso a coltivare i campi completamente spogli solo a caffé. Nel corso degli anni gli agronomi si sono resi conto che la foresta pluviale forniva un microcosmo ecologico che proteggeva gli arbusti di caffé. Inoltre in alcuni Paesi come il Salvador dove le piantagioni sono state ripiantate sulle falde degli altissimi vulcani, hanno avuto la necessità di essere protette dai venti che soffiano e per questo i coltivatori hanno accerchiato le coltivazioni di caffé con altissimi alberi di leguminose. Ha preso piede così la famosa "coltivazione all'ombra". Gli Indiani presero immediatamente atto della convenienza di preservare il terreno dall'erosione e ridurre l'impatto biologico di una deforestazione del territorio, ma volendo mantenere le piantagioni di caffé non solo hanno intensificato le coltivazioni all'ombra dei grandissimi alberi nella giugla esistente, ma l'hanno creata dove era stata estirpata. Il Caffé è quasi totalmente affiancato ad altre coltivazioni, diverse di regione in regione, e nel rispetto dell'equilibrio naturale diminuendo l'uso dei pesticidi. Inoltre favorendo la fertilizzazione naturale, sono riusciti ad eliminare quella chimica. Eccone una foto dal web.
Nelle varie regioni a seconda dei raccolti affiancati il gusto del caffé prende varie caratteristiche organolettiche che identificano il distretto di produzione proprio per l'aroma speziato o fruttato.
Il fogliame che vedete arrampicarsi sui tronchi degli alberi, altro non è che la pianta del pepe.
Nei primi anni del 2000 il Coffee Board ha emesso un video, e guardandolo ho scoperto che le coltivazioni di caffé Indiano fanno rivivere l'India di Kipling, specie durante il raccolto con file di donne nei loro coloratissimi sari al lento ma costante ritmo scandito dal loro canto melodioso. E guardando questo quadro sembra che il tempo si sia fermato ed è una gioia perdersi lasciandosi cullare dal loro canto che cadenza i gesti ed i passi, ripetuti da centinaia di anni, stagione dopo stagione, anno dopo anno, come un rito antico e pieno di poesia.
Qui invece vi presento un breve e recente filmato del Coffee Board of India, che ho trovato in youtube, dove un Italiano, Mario, viaggia di regione in regione alla scoperta delle varie qualità di caffé, potete leggere brevi cenni sul territorio e seguire le spiegazioni (per chi conosce l'inglese) del Coffee Swami (spirito del caffé) rappresentato da un chicco di caffé tostato vestito del copricapo e del costume caratteristico della zona in cui fa da guida al giovane. Il video è talmente elementare da risultare puerile e fa sorridere, ma vi farà scoprire qualcosa di più su quel meraviglioso alimento, che tutti chiamano "caffé" ma di cui solo noi Italiani abbiamo saputo estrarre il meglio con vero piacere!
Scusate la lunga digressione ed il saltar di palo in frasca, ma l'argomento dopo 36 anni mi emoziona ancora ed essendo stato parte integrante della mia crescita e della mia vita, ogni volta mi fa perdere di vista ogni misura... chiedo venia!
"Contrariamente a quello che molti immaginano, la spiritualità non si limita
ai cosiddetti esercizi spirituali, come la meditazione o la preghiera... In
realtà, qualsiasi attività della vita quotidiana può essere spiritualizzata
se vi si sa introdurre un elemento divino. Ed è purtroppo anche vero che
la preghiera, la meditazione o qualsiasi altra attività
cosiddetta “spirituale” può diventare estremamente prosaica se non
è animata e sostenuta da un'idea sublime, da un ideale superiore. La
spiritualità non consiste nel trascurare o disprezzare il mondo materiale, ma
nello sforzarsi di agire sempre con la luce e per la luce. La spiritualità
consiste nel saper utilizzare qualunque attività, anche la più comune, la più
prosaica, per elevarsi, armonizzarsi e collegarsi a Dio."
Oggi dopo una settimana mi son alzata presto e son diventata immediatamente triste, constatando che sono le 5.30 e fuori APPENA ALBEGGIA! Già la sera con le tenebre mi porta a considerare troppo presto la giornata conclusa, perché ho bisogno di luce per essere attiva ed alzarmi la mattina e vedere ancora le stelle ed il buio, mi paralizza e mette addosso tanta malinconia.
Caspita! Stiamo appena toccando la prima metà di agosto, ci sono due mesi abbondanti prima del cambio dell'ora legale, eppure già mi sento di andare verso la "brutta" stagione, nonostante fino ad ottobre qui il tempo sia clemente e possiamo godere di un buon clima anche dopo la Barcolana!
Come temperature, più di Aprile, sono Settembre ed Ottobre i miei mesi preferiti. In Settembre si possono fare i bagni migliori: le temperature dell'aria e dell'acqua di mare sono ottimali, non troppo calde, ne troppo fredde. In Ottobre si fanno le migliori gite! Il sole ti scalda, ma non sudi più, il Carso è incendiato dal rosso fuoco del sommaco, che si mescola a tutte le sfumature che variano dal giallo oro fino al marron con punte di viola; è tempo di vendemmia, evento che nonostante il tedio del lavoro, mi ha sempre messo allegria. Eppure il fatto di arrivare all'Equinozio d'Autunno ed a giornate più corte a favore delle notti, mi mette tristezza.
Sono attiva di giorno ed ho bisogno d'iniziarlo con la luce e meglio ancora il Sole, per far sparire i fantasmi della notte ed incominciare a riprender contatto con la Natura, guardando gli alberi, il cielo dove le rondini altissime incrociano i loro voli, sentire il cinguettio chiassoso degli uccellini che fanno il briefing sull'alloro nel cortile vicino e sembrano una comunità caotica, ma festosa, mi mettono addosso un'allegria fantastica. Inizio così, con un momento di speranza, un momento per fare chiarezza nella mia mente, nel mio spirito, per scacciare ubbie e malinconie della notte e dare il benvenuto ad una nuova giornata. Mi è più facile fare il punto della giornata, coordinare le idee e le commissioni che dovrò svolgere, ricordare, annotare, pianificare, sentendomi di nuovo attiva e riaccendendo la Speranza e la Forza per combattere. Il buio non alimenta, ma smorza il mio entusiasmo e ci metto un po' prima di reagire. D'Inverno col buio mi alzo è penso stia iniziando, come diceva Charlie Brown, un'altra giornata lungo la quale ...strisciare :D
In Primavera i merli avrebbero dato la sveglia già da due ore, ma ora, sono le sei, sono le tortore ed i piccioni che iniziano tubando e svolazzando. Qualche gabbiano fa la ronda, alto in cielo. Fra mezzora gli uccellini più piccoli inizieranno i loro ciarlieri cinguettii.
Ah, tra parentesi ho scoperto stanotte un nuovo inquilino, che pensavo di aver sfrattato ieri mattina : un bel grillo verde, che percorreva la parete del soggiorno accompagnato dai miagolii di frustrazione di Mucia, che lo stava guatando per pigliarlo ! Tze Mucia...che ridicola! Sei troppo cicciona per saltare fin lassù.
Ecco finalmente il cielo è diventato luminoso : ho bisogno di un altro caffé! Un sorriso e buona giornata a tutti!
In questi giorni ho delle canzoni nella testa, o meglio il ritmo di un LP che non tutti conoscerete (a causa dell'età ;), ma che nel suo genere è un'opera unica, in quanto non solo è la colonna sonora di un film documentario del 1976 sulla II Guerra Mondiale appunto, ma la particolarità è che raccoglie le canzoni dei Beatles cantate da diversi artisti, e che artisti!
Dei Beatles sentiamo le canzoni di maggior successo, che spesso sono le più commerciali, mentre tante sono andate nel dimenticatoio. Ascoltatele,le trovate su youtube : vi consiglio di crearvi la lista ed ascoltare una dopo l'altra. E' un tuffo d'emozioni nel passato!
Il film fu visionato nelle sale cinematografiche solo pochi giorni e poi ritirato. Non è stato pubblicato il video né il DVD, ma lo potete trovare in youtube: http://youtu.be/ddtDTy_UuDA
Copio la lista da Wikipedia dei titoli della colonna sonora.